Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il sindaco lascia il Comune e torna a fare l’infermiere
«Papà, vai. Sei infermiere, prima che sindaco. Adesso il tuo Comune può aspettare». Il padre è il primo cittadino di Asolo, Mauro Migliorini. Ha deciso di sfilarsi la fascia tricolore e di metterla nel tascone del suo camice da infermiere. Da martedì presterà servizio in un reparto di rianimazione della Marca dedicato ai pazienti Covid 19. Pochi giorni fa non ne sapeva niente. Stava firmando atti amministrativi in Comune. «Ho risposto al cellulare senza neanche guardare il numero». Era l’azienda sanitaria di Treviso: «Vista l’emergenza, è disponibile a rientrare in servizio?». Migliorini ha alle spalle 30 anni di lavoro in corsia. Vorrebbe dire subito sì, ma «mi lasci mezza giornata che ne parlo con la mia famiglia e con il vicesindaco». Quasi se l’aspettava. «Avevo il sospetto. Giorni prima pensavo che prima o poi questa chiamata sarebbe arrivata». E sua moglie ha detto di sì? «Mi ha detto “vai vai”. Pur di liberarsi di me...» ride il sindaco, che con la consorte condivide la vocazione infermieristica. Da martedì la raggiungerà in prima linea, anche se in un altro ospedale. La vera sorpresa però è stata la reazione del figlio adolescente, il maggiore: «Papà in questa situazione bisogna dare una risposta sanitaria e lasciare tutto il resto in secondo piano, anche la famiglia e il Comune», diminuzione dei contatti con i figli compresa. «Dovrò cercare di mantenere le distanze anche con loro. E con mia moglie. Ma lei - se la ride - ne sarà contenta». Poi Migliorini ha chiesto al vicesindaco se se la sentisse di assumere gran parte degli incarichi che lui, nei prossimi mesi, non potrà più seguire. E il vicesindaco ha detto sì. «Questa scelta andrà a incidere sull’organizzazione amministrativa, me ne rendo conto. Ora sono tutti abituati a un sindaco che risponde sempre al telefono. Da martedì non sarà più così». Il contratto in corsia prevede sei mesi di attività, prorogabili a seconda di come si evolverà l’emergenza coronavirus. Turni, come tutti, massacranti. Ha paura di ammalarsi sindaco? «No. Sono stato con Medici senza frontiere all’estero in mezzo a lebbra e colera». Neanche quello che vedrà in quel reparto la spaventa? «Oggi ci sono stato. Si percepisce la chiusura. Stanze isolate, porte chiuse, aree di filtro, assenza dei familiari». In 30 anni da infermiere di cui 20 nel campo dell’emergenza, una situazione così, in Italia, non l’aveva mai vista: «Nei nostri ospedali non ci siamo abituati». Il suo lo definisce «un ritorno alle origini. A una passione, quella sanitaria, che coltivo fin dall’adolescenza». Prima in urologia, poi nella centrale operativa del 118, poi in rianimazione e poi al suem. Nel 2014 il primo mandato da sindaco e la professione messa in pausa. «Ma ora non potevo certo tirarmi indietro».
Migliorini Ho trattato lebbra e colera. Del coronavirus non ho paura