Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La primavera chiusa in vetrina nelle vie dello shopping deserte
Vestiti a fiori e scarpe aperte rischiano di restare invenduti per tutta la stagione
TREVISO La primavera è iniziata senza che la gente ne potesse approfittare nemmeno per un giorno, mentre tutti sono chiusi nelle case e nascosti dietro le mascherine dell’emergenza Covid. Si mostra solo attraverso i fogli di vetro che separano i negozi dalla strada: l’hanno rinchiusa lì dentro. I manichini invitano la bella stagione a farsi vedere, indossano camice di cotone e vestiti pieni di fiori, sandali e pantaloni quasi estivi (c’è perfino qualche costume da bagno che sbuca qua e là) ma sulle vetrine il riflesso di chi cammina è avvolto nella giacca a vento sopra la tuta da ginnastica, diventata indumento quotidiano, infreddolito e confuso, con l’autocertificazione a portata di mano e un profondo senso di nostalgia lungo un Calmaggiore deserto come non è mai stato.
Una ragazza si ferma davanti a un abito rosso e giallo per qualche secondo e scivola oltre a piccoli passi, tenendo lo sguardo fisso sui colori pastello che si scorgono fra gli scaffali poco illuminati all’interno. Ha una grossa borsa per la spesa, il volto coperto dalla protezione diventata essenziale per entrare nei supermercati e la consapevolezza che, oggi, uscire dalla propria abitazione è una concessione in equilibrio fra rischio e regalo. Non c’è consolazione nella certezza che sia una situazione identica per tutti: una stagione rischia di andarsene senza essere vissuta, senza la normalità.
I manichini del centro raccontano una Treviso che non c’è: quella di chi non vende, quella di chi non compra. Le vetrine spente di una città che vive di commercio, le osterie chiuse di una città che brulica di ombre e cicheti, raccontano la primavera scomparsa. Commercianti, esercenti, baristi e camerieri, commesse e parrucchiere, se ne sono andati ormai un mese fa. A volte è strano pensare allo shopping e agli sfizi quando ci sono le bollette e gli affitti da pagare: per tanti trevigiani il lavoro in queste settimane non c’è stato e chissà quando tornerà, i sacrifici già fatti non sono ancora finiti. Eppure, nonostante la consapevolezza, nonostante la solidarietà a chi ci sta mettendo l’anima e il pensiero a chi sta rinunciando a molto, non ci si può impedire di avere nostalgia di tutto: della calca, della passeggiata, del gelato, dello spritz e del tramezzino, del «solito» da ordinare all’oste di fiducia. E dei negozi, anche di quelli in cui non si è mai stati perché lo shopping è fermo ma le vetrine sono lì, a disposizione e irraggiungibili. La primavera c’è, è lì che aspetta.