Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Gli industriali: stop al blocco
«L’apertura delle aziende non è più procrastinabile». Confindustria chiede di l’avvio della fase 2.
VENEZIA La tensione è palpabile. L’esplosione, imminente. Gli industriali veneti avevano sperato di poter riaprire le proprie attività a metà aprile, visto che il governo ha prorogato le restrizioni anti-Covid sino a Pasqua; speranze mandate in frantumi nel giro di qualche giorno. A distruggerle è stato il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, durante un’intervista ieri a Radio1. «Se l’andamento non cambia – ha riferito – il 16 maggio potrebbe essere la data giusta per iniziare la fase due; dipende dai dati».
Parole che hanno fatto fare un balzo sulla sedia agli imprenditori veneti, che da settimane chiedono di poter riaprire, per scongiurare una crisi economica talmente pesante da rischiare - sostengono di far crollare il sistema. «Non è più procrastinabile l’apertura delle aziende – afferma il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro – Gli industriali veneti stanno lavorando ad un progetto «Fabbriche sicure» per rendere gli ambienti di lavoro luoghi di massima tutela per la salute di dipendenti, collaboratori e famiglie. Vanno implementate da subito tutte le norme di sicurezza attiva e passiva, ed è necessario prevedere di riaprire le produzioni senza indugi, altrimenti si rischia di lasciare migliaia di aziende e lavoratori sul lastrico». La crisi economica che seguirà la pandemia da coronavirus spaventa. Carraro, proprio per ripartire il più in fretta possibile, nei giorni scorsi ha proposto l’apertura delle fabbriche in agosto, raccogliendo l’opposizione dei sindacati, che, invece, invitano al rispetto dei contratti collettivi. L’ultima puntata ha visto la proposta, ben accolta, del sottosegretario all’Interno, Achille Variati, di creare un «modello veneto» di ripartenza condiviso, che possa servire da apripista anche per altre Regioni. «È necessario quanto prima un allargamento dei codici Ateco – aggiunge Carraro – Gli imprenditori sono coscienti della gravità dell’epidemia ma oggi è un dovere per tutte le aziende che possono lavorare in sicurezza non pesare sui bilanci dell’Inps, contribuendo con i dovuti versamenti ad alimentare i fondi già al limite per coloro che sono impossibilitati alla ripresa delle proprie attività». I timori del mondo imprenditoriale hanno fatto sì che il della Regione, Luca Zaia, abbia dichiarato lo stato di crisi per agricoltura e pesca, proprio per limitare gli impatti economici, sociali ed ambientali della pandemia. «La Regione Veneto chiede che siano definiti gli strumenti finalizzati alla ripresa economica», si legge nel decreto.
Alcune delle aziende che, al momento, possono rimanere aperte si stanno attrezzando per riconvertire la produzione e realizzare dispositivi di sicurezza, dalle mascherine ai camici. Il problema è che, poi, i dispositivi devono ricevere la certificazione da Inail o Iss e i tempi burocratici, si sa, sono lunghi: il via libera potrebbe arrivare a emergenza finita. Confindustria Veneto e Università di Padova hanno quindi siglato un accordo per rendere l’iter di validazione più snello. Le aziende, soprattutto tessili, potranno far analizzare i loro prodotti dai laboratori del Bo. «Una volta ottenuto l’esito, per il quale si deve attendere da una settimana a dieci giorni – spiega Fabrizio Dughiero, prorettore al Trasferimento tecnologico – le aziende potranno inviare tutti i documenti agli organi competenti. Normalmente queste prove vengono fatte in laboratori privati, magari all’estero, con tempi e costi non indifferenti». Per aderire all’iniziativa è necessario compilare un form su www.unismart.it/ uniticovid19.
Carraro Non si può più aspettare Si rischia di lasciare migliaia di aziende e lavoratori sul lastrico
Zaia Abbiamo dichiarato lo stato di crisi per agricoltura e pesca Subito strumenti per ripartire