Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

PERCHÉ ORA SIAMO PIÙ ITALIANI

- Di Eugenio Tassini

Eora che l’obbedienza d’improvviso è una virtù, un’obbedienza salvavita ma personale, quotidiana, nei piccoli gesti, come faremo noi italiani, popolo di piccoli ribelli per uso personale più che per ideali, come faremo a essere altrettant­o d’improvviso soldatini attenti? Noi, da sempre un popolo di santi poeti navigatori e cognati (Flaiano), un popolo di furbi che non paga il biglietto del bus.

Non dichiara il suo reddito, pieno di amici che ti fanno entrare gratis a teatro (Longanesi), il più cinico dei popolacci (Leopardi), che non rispetta niente e nessuno ora d’improvviso dovrebbe essere obbediente per paura. Dovremmo seguire le regole della vita di ogni giorno che arrivano da Roma Capitale, dal governo e da un gruppo di scienziati laggiù riuniti. Noi che siamo italiani grazie alle differenze ci tocca ora diventarlo per uno scherzo della storia, anzi della scienza. Non andiamo d’accordo neanche su come si cucina il baccalà, anzi neanche su come si scrive baccalà, con una c o con due nel raggio di pochi chilometri, al massimo siamo Veneti come Goffredo

Parise («Il Veneto è la mia Patria. Sebbene esista una Repubblica Italiana, questa espression­e astratta non è la mia Patria. Noi veneti abbiamo girato il mondo, ma la nostra Patria, quella per cui, se ci fosse da combattere, combattere­mmo, è soltanto il Veneto. Quando vedo scritto all’imbocco dei ponti sul Piave fiume sacro alla Patria, mi commuovo, ma non perché penso all’Italia, bensì perché penso al Veneto»). E poi il Veneto è grande, siamo gente di paese noi italiani, un paese contro l’altro, il mio paese meglio dell’altro vicino. Siamo Emiliani e Romagnoli, anzi Emiliani contro Romagnoli da sempre e per sempre, Padovani o Trevigiani, Trentini o Alto Atesini e poi giù fino al più piccolo borgo. E, per dirla con Parise, c’è un «Piave» in ogni regione, un sentimento uguale ovunque. E a un popolo così tocca ora stracciare una storia lunga secoli e lavarsi le mani tutti allo stesso modo (quello dell’Oms), non gesticolar­e troppo e non toccare il viso, stare a un metro di distanza, non mettere le dita vicino alla bocca, non uscire di casa, non andare al parco, non usare l’auto. Per sopravvive­re al virus. E infatti in due giorni le forze dell’ordine registrano 15.000 multe. Che impresa ci tocca all’improvviso, diventare altro in pochi giorni. Obbedire, ce lo chiede la scienza e soprattutt­o i numeri dei contagiati che crescono. Essere adulti, quindi responsabi­li di se e degli altri, proprio noi che dell’irresponsa­bilità abbiamo fatto uno stile di vita. «Buoni a nulla e capaci di tutti», diceva Winston Churchill. Capaci di avere fra i nostri Leonardo e Raffaello, Michelange­lo e il Palladio. Ma anche di vincere un mondiale di calcio, anzi quattro. Di dettare la moda al mondo, e il design, e di avere eccellenze mondiali in ogni campo (anche in quello dei virologi). Ma è questa la partita più difficile, il nostro David è nelle piccole cose dei prossimi giorni.

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