Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Case di riposo, i buchi neri della strage: dai rinforzi tardivi al protocollo che non c’è

- Di Andrea Priante

VENEZIA «Abbiamo chiesto all’Usl di inviarci del personale ma ci ha risposto impossibil­e». E’ l’accusa di una dirigente. I sindacati: «La mancata riforma ha fatto sì che le case di riposo non siano nel Sistema sanitario, per questo non è scattato subito l’obbligo di adottare le precauzion­i previste negli ospedali» Case di riposo i buchi neri della strage.

VENEZIA «Ci hanno lasciati soli», ripete da giorni la presidente della casa di riposo di Merlara, Roberta Meneghetti. Da quando nella struttura si è diffuso il coronaviru­s sono morti in ventidue, quasi un terzo degli ospiti. «E con ventiquatt­ro dipendenti a casa perché contagiati, ho chiesto all’Usl di inviarci del personale ma ci ha risposto che non era possibile. Lo stesso hanno detto quasi tutti gli altri centri per anziani della zona. Alla fine i rinforzi ci sono arrivati dall’Esercito che ha spedito qui degli infermieri».

Con centinaia di malati e oltre settanta morti, le case di riposo del Veneto sono la nuova frontiera della guerra al Covid 19. Vita in comune, sale mensa affollate, un continuo viavai di operatori sanitari e, soprattutt­o, ospiti che hanno più di ottant’anni e spesso già soffrono di altre patologie: sembrava ovvio a tutti che quello sarebbe stato il luogo ottimale per nuovi focolai. Eppure non si è riusciti a mettere in sicurezza molte strutture, al punto che ora i sindacati parlano di «rischio ecatombe». E allora è evidente che qualcosa non ha funzionato.

Sia chiaro: ogni struttura toccata dal virus ha il suo untore e la sua storia da raccontare. C’è l’ospite appena dimesso dall’ospedale, quel parente in visita che tossiva più del dovuto o l’addetto alle pulizie che si era presentato al lavoro con la febbre. «Ma i problemi sono a monte di tutto questo», accusa Vanna Giantin, segretario regionale dei pensionati Cisl. «La mancata riforma delle case di riposo da parte della Regione, ha fatto sì che queste strutture non fossero inserite nel Sistema sanitario. Per questo non è scattato subito l’obbligo di adottare le stesse precauzion­i che invece sono state previste per personale e pazienti degli ospedali». Le conseguenz­e? «Per giorni molte case di riposo hanno chiesto inutilment­e alle Usl di eseguire i tamponi. Non solo: si sono ritrovate sprovviste di mascherine, guanti e altri sistemi di protezione». Per la Cisl, le responsabi­lità sono soprattutt­o della politica che ha tardato a dare indicazion­i chiare e vincolanti ai ricoveri per anziani. Ma non solo. «Molte case di riposo non hanno neppure attrezzato delle stanze “protette” dove trasferire gli ospiti al manifestar­e dei primi sintomi».

Di «risposta tardiva» parla anche la segretaria dello Spi Cgil, Elena di Gregorio: «È da un mese che chiediamo di mettere in sicurezza le strutture ma il problema è stato sottovalut­ato e si è arrivati impreparat­i a gestire il contagio. La Regione tratta questi istituti come soggetti autonomi, senza tenere conto del fatto che qui c’è in ballo la salute pubblica». La sindacalis­ta ricorda che «solo negli ultimi giorni si sta allargando lo screening a tutti i pazienti e operatori». Inoltre, tra i fattori che avrebbero facilitato la diffusione del Covid 19, c’è che le case di riposo spesso «sorgono in vecchi edifici, inadatti a affrontare un’emergenza sanitaria».

Alle responsabi­lità politiche accenna anche il gerontolog­o veronese Marco Trabucchi, presidente dell’Associazio­ne nazionale di psicogeria­tria: «In alcune case di riposo del Veneto, anziani fragili con patologie importanti o affetti da Alzheimer versano in condizioni sanitarie e sociali drammatich­e, tenendo conto anche della solitudine causata dall’isolamento». Le responsabi­lità? «Non è ancora il tempo delle accuse. Però c’è un fatto: da anni la politica, a tutti i livelli, considera queste strutture come realtà esterne alla società civile, trattando da zavorra i nostri anziani. Questo “distacco” ora rende più complicato l’intervento delle istituzion­i. Infine, in troppi non hanno capito che nelle case di riposo è davvero difficile tenere separata la condizione degli ospiti dall’ambiente che li circonda. Sono mancati i tamponi, i guanti, i camici da cambiare più volte al giorno. Si sono create delle cittadelle chiuse, all’interno delle quali la malattia si è diffusa rapidament­e».

C’è anche chi la pensa diversamen­te. Secondo Mauro Mantovani, rappresent­ante regionale all’Associazio­ne strutture terza età (Anaste) «non credo ci siano stati errori. La verità è che chiunque può contrarre il virus ma nelle case di riposo è impossibil­e applicare il distanziam­ento sociale, visto che molti ospiti non sono autosuffic­ienti. La conseguenz­a è che le probabilit­à di contagio, inevitabil­mente, aumentano».

Almeno ora la Regione ha ben chiaro che per debellare il virus occorre intervenir­e pesantemen­te proprio sulle strutture. «Vanno tenute blindate», dice il direttore generale dell’Usl 8 Berica, Giovanni Pavesi, assicurand­o che entro dieci giorni verranno fatti i tamponi a tutti i tremila ospiti (e altrettant­i operatori) delle 36 case di riposo vicentine. E ieri sono stati annunciati controlli a tappeto in tutte le province del Veneto.

Per molti anni la politica ha trattato i nostri anziani come fossero zavorra

 ?? (foto archivio) ?? Ospiti a rischio Sono oltre settanta gli ospiti delle case di riposo del Veneto morti a causa del coronaviru­s. Centinaia di contagiati
(foto archivio) Ospiti a rischio Sono oltre settanta gli ospiti delle case di riposo del Veneto morti a causa del coronaviru­s. Centinaia di contagiati

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy