Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Sanità, scontri sui poteri

- Di Antonio Spadaccino

Da Pd e M5s c’è chi propone, a crisi finita, di riaccentra­re la sanità. Zaia insorge.

Il dibattito lo ha aperto Andrea Orlando, vicesegret­ario nazionale del Pd. «Dopo l’emergenza per il coronaviru­s bisognerà cominciare a pensare se sia il caso di far tornare in capo allo Stato competenze come la Sanità». Il motivo? «A seconda della qualità del sistema regionale che trovi, rischi di avere una speranza di vita differenzi­ata». A supporto di Orlando arrivano a stretto giro di posta anche l’attuale capo politico dei M5s, Vito Crimi, e Maria Elena Boschi di Italia Viva. Il dado è tratto e... apriti cielo. Immediata la reazione del governator­e del Veneto, Luca Zaia. «Da noi - dice - la sanità funziona, quindi se l’obiettivo è quello di un’equa divisione del malessere, prendo atto. Altrimenti, quella di Orlando è un’uscita improvvida». E subito dopo Zaia rilancia, ipotizzand­o una sorta di referendum sulla sanità: «Se qualcuno vuole azzardarsi a mettere in discussion­e il nostro modello sanitario noi ci mettiamo due secondi a far rispondere il popolo. Come? Chiedendo ai veneti se vogliono essere curati da Roma o dal Veneto». A supporto del governator­e veneto arrivano i parlamenta­ri della Lega: «Pd e M5S vorrebbero una sanità centralizz­ata? Non se ne parla. L’eccellenza veneta è la risposta ai novelli statalisti e centralist­i». Ma siamo sicuri che la sanità veneta sia d’eccellenza? «Credo che in Veneto - dice Jacopo Berti, capogruppo 5 stelle a Palazzo Ferro Fini - ci siano scuole di medicina, medici e operatori sanitari di altissimo livello. E credo anche che Zaia usi la bravura di queste persone per farsi bello. Le sue ripetute conferenze stampa le trovo di cattivo gusto, anche perché quello che dice non è seguito dalla scienza. Vogliamo parlare delle mascherine che ha donato ai veneti? Servono a fare campagna elettorale, ha creato un volantino indossabil­e. A fronte di questo, trovo l’autonomia sanitaria a 360 gradi una cosa giustissim­a e ritengo che lo Stato debba pensare, semmai, a una clausola di emergenzia­lità laddove gli standard di qualità sono sotto un certo livello».

Detto che pure l’Emilia Romagna è contraria al ritorno dell’egemonia statale sulla sanità, sull’eccellenza veneta interviene anche il sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio, con delega all’Editoria, Andrea Martella. «La sanità veneta - dice l’esponente Pd - è senza dubbio di qualità, grazie al personale che ci lavora, anche se non è esente da criticità: penso alle liste d’attesa, agli anni di mancate assunzioni e ai tagli nei servizi. E anche all’inizio di questa emergenza Zaia si è contraddet­to più volte, commettend­o qualche scivolone e qualche errore di valutazion­e». Martella è molto vicino a Orlando, l’ex ministro che ha aperto il dibattito sulla necessità di riportare la Sanità in capo allo Stato. «Non semplifich­erei in maniera così netta il ragionamen­to di Orlando e comunque non penso si possa tornare a una centralizz­azione. Orlando - spiega Martella - evidenzia piuttosto una lacuna reale da colmare: quella che, a seconda della qualità di ogni singolo sistema regionale, i cittadini italiani abbiano una speranza di vita differenzi­ata. Ed è a partire da questo limite che bisogna aprire una riflession­e, una volta superata l’emergenza. C’è poi il nodo del rapporto con il privato che a mio avviso va regolato a livello nazionale. Quanto sta succedendo dimostra che nelle emergenze è necessaria una cabina di regia nazionale. E che a tutti vanno garantite condizioni di piena uguaglianz­a. Basti ricordare che il Veneto è la terra di Tina Anselmi, madre del Sistema sanitario nazionale».Quanto all’ipotesi referendum ventilata da Zaia, Martella è tranchant: «Che dire: ci risiamo. Non mi pare proprio questo il momento per rilanciare operazioni di questo tipo. Zaia deve accettare la discussion­e, che è il sale della democrazia, e non rifugiarsi in un ripetuto gioco dal sapore plebiscita­rio. Detto questo, la situazione attuale in cui versa il Veneto appare certamente difficile ma meno drammatica rispetto alle altre zone del Nord Italia».

E su questo tema ieri è intervenut­o anche l’assessore regionale al Welfare della Lombardia, Giulio Gallera. «Non è accettabil­e - le sue parole - un paragone sulla gestione dell’emergenza tra la nostra regione e il Veneto. Quello che è successo in Lombardia non si è verificato da nessun’altra parte. In tutto il Veneto o nelle altre Regioni hanno, dopo due mesi, i casi che noi abbiamo avuto nell’arco dei primi dieci giorni». Gallera prende dunque le distanze in modo netto, spiegando che «in Lombardia abbiamo avuto una persona arrivata, dicono, dalla Germania con il virus. Il virus ha girato indisturba­to per 20 giorni, poi è esploso e noi siamo stati travolti da questa ondata. Dalle altre parti non è successo così. Nel caso del Veneto si è individuat­o il focolaio in un Comune molto piccolo (Vo’ Euganeo, ndr) di 3 mila abitanti e l’hanno chiuso. È quello che abbiamo cercato di fare noi a Codogno, poi ci siamo resi conto che la falla era molto più ampia. In Veneto hanno soffocato quel focolaio e poi hanno pochi casi».

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