Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Sanità, scontri sui poteri
Da Pd e M5s c’è chi propone, a crisi finita, di riaccentrare la sanità. Zaia insorge.
Il dibattito lo ha aperto Andrea Orlando, vicesegretario nazionale del Pd. «Dopo l’emergenza per il coronavirus bisognerà cominciare a pensare se sia il caso di far tornare in capo allo Stato competenze come la Sanità». Il motivo? «A seconda della qualità del sistema regionale che trovi, rischi di avere una speranza di vita differenziata». A supporto di Orlando arrivano a stretto giro di posta anche l’attuale capo politico dei M5s, Vito Crimi, e Maria Elena Boschi di Italia Viva. Il dado è tratto e... apriti cielo. Immediata la reazione del governatore del Veneto, Luca Zaia. «Da noi - dice - la sanità funziona, quindi se l’obiettivo è quello di un’equa divisione del malessere, prendo atto. Altrimenti, quella di Orlando è un’uscita improvvida». E subito dopo Zaia rilancia, ipotizzando una sorta di referendum sulla sanità: «Se qualcuno vuole azzardarsi a mettere in discussione il nostro modello sanitario noi ci mettiamo due secondi a far rispondere il popolo. Come? Chiedendo ai veneti se vogliono essere curati da Roma o dal Veneto». A supporto del governatore veneto arrivano i parlamentari della Lega: «Pd e M5S vorrebbero una sanità centralizzata? Non se ne parla. L’eccellenza veneta è la risposta ai novelli statalisti e centralisti». Ma siamo sicuri che la sanità veneta sia d’eccellenza? «Credo che in Veneto - dice Jacopo Berti, capogruppo 5 stelle a Palazzo Ferro Fini - ci siano scuole di medicina, medici e operatori sanitari di altissimo livello. E credo anche che Zaia usi la bravura di queste persone per farsi bello. Le sue ripetute conferenze stampa le trovo di cattivo gusto, anche perché quello che dice non è seguito dalla scienza. Vogliamo parlare delle mascherine che ha donato ai veneti? Servono a fare campagna elettorale, ha creato un volantino indossabile. A fronte di questo, trovo l’autonomia sanitaria a 360 gradi una cosa giustissima e ritengo che lo Stato debba pensare, semmai, a una clausola di emergenzialità laddove gli standard di qualità sono sotto un certo livello».
Detto che pure l’Emilia Romagna è contraria al ritorno dell’egemonia statale sulla sanità, sull’eccellenza veneta interviene anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega all’Editoria, Andrea Martella. «La sanità veneta - dice l’esponente Pd - è senza dubbio di qualità, grazie al personale che ci lavora, anche se non è esente da criticità: penso alle liste d’attesa, agli anni di mancate assunzioni e ai tagli nei servizi. E anche all’inizio di questa emergenza Zaia si è contraddetto più volte, commettendo qualche scivolone e qualche errore di valutazione». Martella è molto vicino a Orlando, l’ex ministro che ha aperto il dibattito sulla necessità di riportare la Sanità in capo allo Stato. «Non semplificherei in maniera così netta il ragionamento di Orlando e comunque non penso si possa tornare a una centralizzazione. Orlando - spiega Martella - evidenzia piuttosto una lacuna reale da colmare: quella che, a seconda della qualità di ogni singolo sistema regionale, i cittadini italiani abbiano una speranza di vita differenziata. Ed è a partire da questo limite che bisogna aprire una riflessione, una volta superata l’emergenza. C’è poi il nodo del rapporto con il privato che a mio avviso va regolato a livello nazionale. Quanto sta succedendo dimostra che nelle emergenze è necessaria una cabina di regia nazionale. E che a tutti vanno garantite condizioni di piena uguaglianza. Basti ricordare che il Veneto è la terra di Tina Anselmi, madre del Sistema sanitario nazionale».Quanto all’ipotesi referendum ventilata da Zaia, Martella è tranchant: «Che dire: ci risiamo. Non mi pare proprio questo il momento per rilanciare operazioni di questo tipo. Zaia deve accettare la discussione, che è il sale della democrazia, e non rifugiarsi in un ripetuto gioco dal sapore plebiscitario. Detto questo, la situazione attuale in cui versa il Veneto appare certamente difficile ma meno drammatica rispetto alle altre zone del Nord Italia».
E su questo tema ieri è intervenuto anche l’assessore regionale al Welfare della Lombardia, Giulio Gallera. «Non è accettabile - le sue parole - un paragone sulla gestione dell’emergenza tra la nostra regione e il Veneto. Quello che è successo in Lombardia non si è verificato da nessun’altra parte. In tutto il Veneto o nelle altre Regioni hanno, dopo due mesi, i casi che noi abbiamo avuto nell’arco dei primi dieci giorni». Gallera prende dunque le distanze in modo netto, spiegando che «in Lombardia abbiamo avuto una persona arrivata, dicono, dalla Germania con il virus. Il virus ha girato indisturbato per 20 giorni, poi è esploso e noi siamo stati travolti da questa ondata. Dalle altre parti non è successo così. Nel caso del Veneto si è individuato il focolaio in un Comune molto piccolo (Vo’ Euganeo, ndr) di 3 mila abitanti e l’hanno chiuso. È quello che abbiamo cercato di fare noi a Codogno, poi ci siamo resi conto che la falla era molto più ampia. In Veneto hanno soffocato quel focolaio e poi hanno pochi casi».