Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Distanze, protezioni, termoscan migliaia di imprese sono ripartite

La sola richiesta di deroga, in assenza di uno stop del prefetto, lo permette. Nuove misure di sicurezza ma il sindacato lancia l’allarme: «Non per le piccole»

- Gloria Bertasi

VENEZIA In fila indiana, distanti un metro l’uno dall’altro e, prima di timbrare il cartellino, il «termoscan», il termometro che rivela se l’operaio ha la febbre. Succede a Porto Marghera, la zona industrial­e più grande della regione, come anche in realtà più piccole, dove il lavoro ieri è ripartito per migliaia di addetti. Circa 14 mila imprese venete hanno comunicato alle prefetture che, in deroga ai codici Ateco con cui il governo ha definito le attività essenziali, si sarebbero rimesse in marcia e per molte ieri è stato appunto il primo giorno di attività.

Tra queste la Tipografia Asolana, nel Trevigiano, che sta stampando materiali informativ­i per ditte farmaceuti­che lombarde e per il comparto del mobile che ne sollecitav­a la produzione in vista del post-emergenza. «Abbiamo sanificato l’azienda, tutti sono dotati di guanti e mascherine e tra una macchina e l’altra ci sono sei metri, il personale grafico e amministra­tivo è in smart working e le presenze sono ridotte a una trentina di persone - dice il titolare Marco Zanesco - Non potevamo non ripartire, avevamo in magazzino la carta per commesse già avviate: seguiamo tutti i protocolli di sicurezza».

«Le aziende che hanno ripreso l’attività sono riconosciu­te come essenziali o hanno ricevuto regolare autorizzaz­ione della Prefettura perché funzionali alle filiere necessarie - sottolinea Confindust­ria del Veneto - Tutte si sono attrezzate per applicare e rispettare le rigorose misure di sicurezza, stabilite lo scorso 14 marzo a Roma».

Lo Spisal sta verificand­o che le regole siano rispettate: in due settimane ha controllat­o 3.774 aziende, per un totale di 194.450 dipendenti all’opera. «Nessuna impresa è stata

Confindust­ria

Le aziende che hanno ripreso il lavoro sono essenziali o sono autorizzat­e e tutte rispettano i protocolli di sicurezza

I controlli

Lo Spisal ha dato esito positivo in termini di misure di sicurezza a quasi tutte le aziende

sanzionata o chiusa per irregolari­tà», sottolinea l’assessore regionale ai Servizi sociali Manuela Lanzarin. «I controlli, è vero, ci sono - conferma Giuseppe Callegaro, Femca Cisl Venezia - agli ingressi del Petrolchim­ico viene misurata la febbre, sono stati diversific­ati i turni e c’è stata una spinta sullo smart working». Aggiunge Davide Camuccio, Filctem Cgil Venezia: «Esistono aziende di serie A, B e C. Le prime due tipologie, come Eni, Zignago, Pilkington o il colorifici­o San Marco, hanno ridimensio­nato le produzioni, messo oltre il 50% del personale in telelavoro e seguono i protocolli. Il problema è in quelle più piccole, di serie C, spesso non c’è rappresent­anza sindacale, lì la situazione è più difficile e dalle segnalazio­ni che abbiamo sono diverse che, coperte dai codici Ateco, non operano correttame­nte».

Da Venezia a Verona, da Belluno a Rovigo, sarebbe scattato un meccanismo virtuoso che copre tutte le filiere, dall’agroalimen­tare alla chimica passando per l’aerospazia­le (Leonardo di Tessera ha avuto il via libera ad assemblare elicotteri) e le riconversi­oni. È il caso della Labomar di Istrana che ora realizza gel disinfetta­nte. «Chi sta riaprendo ha bisogno di molti fornitori conclude Confindust­ria - per questo è necessario lavorare per la ripartenza progressiv­a di tutti: solo così si potranno contenere i costi sociali ed economici della pandemia».

I sindacati restano preoccupat­i per chi ogni giorno entra in fabbrica ma al contempo si rendono conto che la cassa integrazio­ne che, ad esempio, coinvolge tutto il manufattur­iero (i laboratori delle scarpe haute couture in Riviera del Brenta sono fermi al pari del vetro) è un serio problema per le famiglie: «Non solo vivono con meno di mille euro al mese, ma temono di perdere il posto di lavoro», dicono i rappresent­anti dei lavoratori. «Che sono stretti tra due crisi: la sanitaria e l’economica e se chiamati a lavorare, lavorano», dice Antonio Silvestri, segretario regionale della Fiom, l’organizzaz­ione più critica verso il riavvio delle produzioni. «La serrata era la scelta migliore, mi auguro che ci si ricordi delle tute blu - conclude - che tanto stanno rischiando per stipendi da 1.400 euro, quando va bene».

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Gli accertamen­ti Il controllo della temperatur­a all’ingresso della Raffineria Eni di Porto Marghera a Venezia

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