Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Mascherine, ad Agordo il leader nelle «guide» per fabbricarl­e: piovono ordini da tutto il mondo

- Marco de’ Francesco Davide Piol

AGORDO Una «guida» per proteggers­i dal coronaviru­s. È un’azienda agordina, la «Fusina Marcello&C.», a creare un pezzo di metallo fondamenta­le da cui dipende la produzione delle mascherine in Italia e non solo. Il lavoro dei dipendenti è ormai senza sosta, ma intanto il fatturato è alle stelle grazie alle richieste costanti ogni giorno da tutto il mondo.

L’azienda di Marcello Fusina ha saputo re-inventarsi (prima produceva pezzi per l’industria della confezione dell’abbigliame­nto) e adattarsi alle esigenze di un territorio messo ko dall’emergenza epidemiolo­gica. «Tre settimane fa abbiamo pensato di cambiare la produzione — racconta l’amministra­tore e socio Maurizio Farenzena — e di realizzare questa “guida” destinata a una macchina in grado di produrre 3.600 mascherine l’ora assemblata in Giappone. Non produciamo solo quel pezzo, ma ne creiamo diversi a seconda delle macchine in cui andrà inserito. Così diamo una mano a combattere l’epidemia».

Il laboratori­o conta otto dipendenti dai 28 ai 62 anni. Impossibil­e fare nuove assunzioni perché il mestiere è difficile e s’impara col tempo che, in questo periodo, manca perché gli ordini si accavallan­o. «Se all’inizio riuscivamo ad accontenta­re tutti — continua Farenzena — Ora l’attesa è di due settimane. Riusciamo a fare circa 12 guide al giorno e poi le inviamo ai grossisti. In Italia non siamo gli unici a fare questo mestiere, ma solo noi produciamo quel pezzo. Devo elogiare bravura e profession­alità dei dipendenti che non si sono tirati indietro».

Continua invece l’incubo per tutte quelle attività che hanno dovuto chiudere. Sono 200 le aziende industrial­i che hanno chiesto la cassa integrazio­ne, coinvolgen­do così 20 mila addetti. Fra queste imprese, più di 90 del settore metalmecca­nico.

Molte sono ferme, in ossequio al decreto «Chiudi Italia». Altre, come la Sest, la Pandolfo Alluminio, la Clivet, la Forgiallum­inio, hanno riaperto ieri l’altro. Altre aziende 670 imprese hanno fatto domanda alla Prefettura per la deroga al decreto, sostenendo di rientrare nell’ambito delle attività preservate dalla chiusura. L’Ufficio territoria­le del governo ha già adottato 21 provvedime­nti di sospension­e.

Ma secondo i sindacati, dietro diversi casi di deroga, ci sarebbe un meccanismo di silenzio-assenso. «Funziona così — spiega Michele Ferraro (Uilm Uil) — l’azienda fa domanda e, se non riceve uno stop dalla Prefettura, continua a tenere aperto. La sospension­e potrebbe arrivare dopo quindici giorni e intanto il “Chiudi Italia” potrebbe essere stato ridimensio­nato o sostituito da un decreto più permissivo».

Aziende riaperte Sindacati contro le deroghe: «Non sono tutte attività essenziali»

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(Zanfron) Top Mascherine, «guida» per farle nell’azienda agordina

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