Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Mascherine, ad Agordo il leader nelle «guide» per fabbricarle: piovono ordini da tutto il mondo
AGORDO Una «guida» per proteggersi dal coronavirus. È un’azienda agordina, la «Fusina Marcello&C.», a creare un pezzo di metallo fondamentale da cui dipende la produzione delle mascherine in Italia e non solo. Il lavoro dei dipendenti è ormai senza sosta, ma intanto il fatturato è alle stelle grazie alle richieste costanti ogni giorno da tutto il mondo.
L’azienda di Marcello Fusina ha saputo re-inventarsi (prima produceva pezzi per l’industria della confezione dell’abbigliamento) e adattarsi alle esigenze di un territorio messo ko dall’emergenza epidemiologica. «Tre settimane fa abbiamo pensato di cambiare la produzione — racconta l’amministratore e socio Maurizio Farenzena — e di realizzare questa “guida” destinata a una macchina in grado di produrre 3.600 mascherine l’ora assemblata in Giappone. Non produciamo solo quel pezzo, ma ne creiamo diversi a seconda delle macchine in cui andrà inserito. Così diamo una mano a combattere l’epidemia».
Il laboratorio conta otto dipendenti dai 28 ai 62 anni. Impossibile fare nuove assunzioni perché il mestiere è difficile e s’impara col tempo che, in questo periodo, manca perché gli ordini si accavallano. «Se all’inizio riuscivamo ad accontentare tutti — continua Farenzena — Ora l’attesa è di due settimane. Riusciamo a fare circa 12 guide al giorno e poi le inviamo ai grossisti. In Italia non siamo gli unici a fare questo mestiere, ma solo noi produciamo quel pezzo. Devo elogiare bravura e professionalità dei dipendenti che non si sono tirati indietro».
Continua invece l’incubo per tutte quelle attività che hanno dovuto chiudere. Sono 200 le aziende industriali che hanno chiesto la cassa integrazione, coinvolgendo così 20 mila addetti. Fra queste imprese, più di 90 del settore metalmeccanico.
Molte sono ferme, in ossequio al decreto «Chiudi Italia». Altre, come la Sest, la Pandolfo Alluminio, la Clivet, la Forgialluminio, hanno riaperto ieri l’altro. Altre aziende 670 imprese hanno fatto domanda alla Prefettura per la deroga al decreto, sostenendo di rientrare nell’ambito delle attività preservate dalla chiusura. L’Ufficio territoriale del governo ha già adottato 21 provvedimenti di sospensione.
Ma secondo i sindacati, dietro diversi casi di deroga, ci sarebbe un meccanismo di silenzio-assenso. «Funziona così — spiega Michele Ferraro (Uilm Uil) — l’azienda fa domanda e, se non riceve uno stop dalla Prefettura, continua a tenere aperto. La sospensione potrebbe arrivare dopo quindici giorni e intanto il “Chiudi Italia” potrebbe essere stato ridimensionato o sostituito da un decreto più permissivo».
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