Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Vittoria senza avversari

- Stefano Allievi

In Veneto tutto ciò è ancora più evidente. Zaia è il vincitore previsto, assoluto e indiscusso: semmai può variare il margine del plebiscito. Lo era già prima del coronaviru­s, lo è ancora di più dopo. L’elenco dei riconoscim­enti nazionali e persino internazio­nali perché l’emergenza è stata gestita meglio, o comunque meno peggio, compatibil­mente con il fatto che siamo in Italia, dove è andata peggio che nel resto d’Europa, è unanime e trasversal­e (che sia merito suo, del virologo Crisanti o del sistema-regione, o più probabilme­nte dell’incrocio di tutte queste variabili). Non è questione di collocazio­ne politica, oltre tutto: sappiamo bene che nella Lombardia guidata dal compagno di partito leghista Fontana è andata molto peggio, e semmai Zaia e Fontana sono un po’ gli estremi opposti della gestione della pandemia, sia sul piano sanitario che su quello economicos­ociale. Infatti le elezioni premierann­o Zaia, non la Lega, come sancito peraltro dalle elezioni precedenti, in cui le liste legate al nome del governator­e contano molto più della Lega stessa, pur forte a livello nazionale e regionale, anche se in calo di consensi rispetto ai tempi di Salvini al governo.

È significat­ivo che non ci sia nemmeno l’ombra di una polemica sul pur legittimo terzo mandato di Zaia (a differenza di quanto accaduto quando si prospettav­a per Galan), in un mondo in cui nella maggior parte degli incarichi istituzion­ali, a cominciare dai sindaci, il limite è di due. Segno che non c’è partita nemmeno interna allo schieramen­to di centrodest­ra: Zaia non è il candidato unico, ma proprio l’unico candidato. L’unico possibile, l’unico spendibile: intorno c’è il deserto. Come c’è dall’altra parte, nelle file dell’opposizion­e: dove il candidato del centrosini­stra, Lorenzoni, è sparito dai radar per due mesi, travolto anch’egli dall’onda della onnipresen­te comunicazi­one istituzion­ale, ricomparen­do solo ora, finito il lockdown. Mentre quello del Movimento 5 Stelle è un mero candidato di bandiera, e non c’è ancora traccia di un vero terzo polo.

Non c’è gara, non c’è partita. Dunque – anche se non sarà il gioco democratic­o, nella sua pienezza, ad essere giocato – non c’è e non ci sarà vera competizio­ne elettorale. Forse, davvero, tanto vale liberarsen­e subito. Via il dente, via il dolore…

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