Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Vittoria senza avversari
In Veneto tutto ciò è ancora più evidente. Zaia è il vincitore previsto, assoluto e indiscusso: semmai può variare il margine del plebiscito. Lo era già prima del coronavirus, lo è ancora di più dopo. L’elenco dei riconoscimenti nazionali e persino internazionali perché l’emergenza è stata gestita meglio, o comunque meno peggio, compatibilmente con il fatto che siamo in Italia, dove è andata peggio che nel resto d’Europa, è unanime e trasversale (che sia merito suo, del virologo Crisanti o del sistema-regione, o più probabilmente dell’incrocio di tutte queste variabili). Non è questione di collocazione politica, oltre tutto: sappiamo bene che nella Lombardia guidata dal compagno di partito leghista Fontana è andata molto peggio, e semmai Zaia e Fontana sono un po’ gli estremi opposti della gestione della pandemia, sia sul piano sanitario che su quello economicosociale. Infatti le elezioni premieranno Zaia, non la Lega, come sancito peraltro dalle elezioni precedenti, in cui le liste legate al nome del governatore contano molto più della Lega stessa, pur forte a livello nazionale e regionale, anche se in calo di consensi rispetto ai tempi di Salvini al governo.
È significativo che non ci sia nemmeno l’ombra di una polemica sul pur legittimo terzo mandato di Zaia (a differenza di quanto accaduto quando si prospettava per Galan), in un mondo in cui nella maggior parte degli incarichi istituzionali, a cominciare dai sindaci, il limite è di due. Segno che non c’è partita nemmeno interna allo schieramento di centrodestra: Zaia non è il candidato unico, ma proprio l’unico candidato. L’unico possibile, l’unico spendibile: intorno c’è il deserto. Come c’è dall’altra parte, nelle file dell’opposizione: dove il candidato del centrosinistra, Lorenzoni, è sparito dai radar per due mesi, travolto anch’egli dall’onda della onnipresente comunicazione istituzionale, ricomparendo solo ora, finito il lockdown. Mentre quello del Movimento 5 Stelle è un mero candidato di bandiera, e non c’è ancora traccia di un vero terzo polo.
Non c’è gara, non c’è partita. Dunque – anche se non sarà il gioco democratico, nella sua pienezza, ad essere giocato – non c’è e non ci sarà vera competizione elettorale. Forse, davvero, tanto vale liberarsene subito. Via il dente, via il dolore…