Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Dopo Filippini la ristorazio­ne di Marca piange Tonino Palazzi

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TREVISO Sono stati, e sono ancora, i «signori» della cucina trevigiana. Le bandiere della tavola veneta in Italia e nel mondo. La generazion­e di ristorator­i che ha lanciato e gestito per decenni alcuni dei più importanti locali della Marca. Quando due settimane fa Treviso ha perso Arturo Filippini, fondatore del ristorante da Alfredo e del marchio internazio­nale Toulà, è stato un giorno di grave lutto. Sabato se n’è andato a 83 anni anche Antonio Palazzi ( foto), per tutti Tonino, che aveva gestito il Terme di Vittorio Veneto dal 1974 al 2013 e dal 2002 a 2019 Castelbran­do. Due vite straordina­rie che, spegnendos­i, hanno riempito di lacrime i volti di clienti, amici e colleghi, anche quelli della generazion­e dei «grandi vecchi» della cucina trevigiana. La scomparsa di Palazzi è stata uno choc improvviso: lo piangono Gigetto e Celeste, i compagni delle rassegne gastronomi­che Cocofungo e Cocoradicc­hio, lo piange Massimo Colomban che lo portò a Cison di Valmarino. «In questo mondo post-pandemico che ha bisogno di energie ed entusiasmo per ripartire, l’esperienza di chi ha dato tutto sarà una grande perdita». Lo dice anche Celeste Tonon, del celebre ristorante di Venegazzù. «Con Arturo eravamo grandi amici, mangiavamo insieme tutti i lunedì da lui a Treviso, per me era stato un maestro – racconta -, la sua morte è stata un dolore enorme. E uno choc quella di Palazzi, con cui ci scambiavam­o spesso consigli». Si rende conto, Celeste, che oggi la storia della ristorazio­ne di Marca non sarà più la stessa. «Non ci saranno più grandi maestri come Arturo e Tonino – afferma Tonon -. Per ripartire dopo questi mesi difficili bisognerà ricordarsi di come loro hanno portato avanti questa profession­e, delle cose semplici, dei prodotti di stagione, della vera cucina trevigiana, quella che noi abbiamo portato nel mondo. Abbiamo cominciato dal nulla quando avevamo vent’anni, ora c’è chi passa il testimone ai figli, ma bisogna stare attenti perché la tradizione sia sempre al primo posto, anche per le generazion­i che verranno. (s.ma.)

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