Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I misteri di Peteano

- Di Barbara Codogno

Una tragica pagina di storia italiana che parte dalla provincia friulana. Il 31 maggio 1972 a Peteano, un tranquillo paesino in provincia di Gorizia, esplode una bomba che ucciderà tre carabinier­i. La «Storia» di quel periodo buio - il periodo del terrorismo e il conseguent­e stragismo - fa da cornice al nuovo romanzo di Luca Quarin, Di sangue e di ferro recentemen­te uscito per la casa editrice torinese Miraggi, collana Scafiblù. Quarin fa partire la sua indagine dalla bomba collocata nella Fiat 500 lungo le rive dell’Isonzo. Gli inquirenti all’inizio sospettano alcuni militanti di Lotta Continua. Due di loro, un ragazzo e una ragazza, che frequentan­o la facoltà di sociologia a Trento, finiscono con l’automobile nel lago di Levico, cercando di sfuggire all’arresto. Il loro figlio, di appena tre anni, rimane orfano. Alcuni mesi dopo vengono arrestati sei balordi goriziani che non c’entrano nulla con l’attentato. Poi vengono scarcerati. Per dieci anni le indagini brancolano nel buio, depistate dagli inquirenti che le conducono. Che ruolo hanno avuto i genitori del piccolo? E i nonni che si sono presi cura di lui? Sono stati vittime o sono i colpevoli? Il libro poggia sulle vicende storiche, sui retroscena dell’attentato e sulle trame della destra eversiva degli anni Settanta, raccontand­o la storia di Ferro, vittima di un ingranaggi­o politico che faticherà a conoscere e a capire.

«Peteano è un momento molto particolar­e del processo storico – spiega lo scrittore - è il momento in cui i membri più radicali della destra eversiva si rendono conto di essere manovrati dallo Stato e si ribellano contro di esso. Lo racconta in modo molto lucido Vincenzo Vinciguerr­a, uno degli esecutori della strage, nell’intervista che ho riportato integralme­nte nel romanzo.

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