Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I trevigiani Le Onde il beat per tornare a sorridere ancora
Il gruppo trevigiano pubblica il singolo «Tremarella»: «Ci piace la musica degli anni ‘60, evoca un periodo felice. Quei brani non perdono freschezza»
«Diffondere la cultura della musica Beat degli anni ’60, riscoprendo e continuando a suonare dal vivo un repertorio florido, nato in un periodo storico estremamente felice per la musica leggera italiana». È questa la mission del gruppo trevigiano Le Onde Beat, punto di riferimento per gli spettacoli, coloratissimi e festaioli, che omaggiano la musica italiana degli anni Sessanta. La band, seguitissima, ha appena pubblicato un nuovo videoclip «casalingo».
Siete tornati con un videoclip speciale, «La tremarella» di Edoardo Vianello. Come mai avete scelto proprio questa canzone?
«Abbiamo scelto La tremarella, che è un brano che suoniamo da anni dal vivo, perché in un momento di timore collettivo non dobbiamo perdere la voglia di sorridere e ballare, magari muovendo le mani “come farebbero i marziani”».
Che cosa racconta il videoclip?
«Abbiamo cercato di tradurre in poche ed evocative scenette le nostre vite quotidiane, chiusi in casa, come se non smettessimo mai di essere delle Onde Beat, anche nel privato. Ecco quindi il cantante alle prese con il giardinaggio, il chitarrista circondato dai figli e, tutti, in una veste “casalinga”».
Vi autodefinite una “band da live”, che cosa significa?
«Siamo una band che dà il meglio di sé nei concerti creando empatia con gli spettatori e realizzando uno show che va al di là della sola musica, coinvolgente, creativo e divertente, capace di regalare una spensierata allegria. Ci hanno definiti una band beat con un’anima genuinamente punk: è indubbio che l’energia che mettiamo nei nostri concerti sia la cosa che più ci contraddistingue».
Facendo un passo indietro quando e perché è nata Le Onde Beat?
«Le Onde Beat nascono dieci anni fa come uno spin off dal gruppo I Ragazzi del Beat, fondato a fine anni ’90 e composto da cinque ragazzi che, dopo dieci anni di concerti ed esperienze televisive e radio
foniche, avevano deciso di chiudere l’esperienza. Con quel progetto, nel 2000, ci avevano perfino presi per il film Sognando l’Africa. Ci avevano visto suonare sui “tetti di Venezia” durante un evento e, dopo un provino, ci scritturarono per la scena di una festa. Con Kim Basinger, la protagonista del film, abbiamo scherzato lasciandole in camerino una nostra foto autografata».
Che cosa vi affascina della musica beat italiana?
«La freschezza dei brani e la capacità di restare piacevoli all’ascolto a decine di anni dalla loro incisione. Sono tra l’altro brani che ci permettono di “giocare con la musica”, creare contaminazioni e improvvisazioni durante i live».
Treviso è una città che in qualche maniera si sposa alla vostra musica?
«Treviso è una città a misura d’uomo, nella quale ci si conosce un po’ tutti. La dimensione intima della città ci ha consentito di creare una fan base, non solo di spettatori, ma di affezionati amici: è questo che rende i concerti in città memorabili».
Qual è la soddisfazione più grande della carriera?
«La risposta del pubblico ai nostri concerti. Mi viene in mente quello in Piazza San Marco a Venezia per il Carnevale, un live al teatro La Fenice di Venezia, le esibizioni a Suoni di Marca e in Piazza dei Signori a Treviso e poi le tante piazze che ci hanno ospitati».