Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
DUE VALORI SUL CAMPO
Ancora chiusura o apertura. Sicurezza sanitaria o rischio. Il dilemma interseca il piano delle regole del nostro vivere associato da tanti e differenti punti di osservazione. In linea generale, la comunità medica muove dal principio che impone di fare salva la vita umana. Ma guardando un po’ più da vicino, la posizione è meno monolitica di quel che sembra, perché non manca un dibattito – specie in sede bioetica – tra chi sostiene l’idea di un’intangibilità assoluta della vita e chi invece arriva a metterne in discussione il dogma, per lo meno in condizioni di straordinaria emergenza; alludo in particolare alla posizione di quanti, soprattutto tra i più esposti nelle trincee delle rianimazioni, hanno ritenuto che nei peggiori momenti del virus si dovesse – e ciò ha un impatto forte sul sistema delle responsabilità – compiere una scelta di preferenza a favore di chi avesse una maggiore aspettativa di vita.
Salvare prima chi si può davvero salvare, insomma. Anche questo è un criterio di comportamento, dunque una regola. Può avere una sua plausibilità in condizioni di guerra? Problemi di regole. Nei giorni scorsi ha stupito non poco l’opinione pubblica mondiale la dichiarazione dell’ex ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, il quale ha dichiarato che il valore della vita è importante, ma quello della dignità lo è di più. Un discorso duro, che ha messo a raffronto la dignità, inscalfibile, da un lato, e la vita, per tutti necessariamente esauribile, dall’altro lato. Il discorso di Schauble alludeva in primo luogo alla dignità del lavoro. Quel discorso ha scosso le coscienze dell’Europa, ma credo possa aver toccato in modo particolare alcune corde avvertite nel profondo in questa parte del nostro paese. Siamo la porzione d’Italia che vive di etica del lavoro. Se non lavoro non vivo: e si direbbe che ciò valga, prima ancora che sul piano economico, sul quello etico. D’altra parte, Triveneto ed Emilia Romagna in questo somigliano a quella fetta di opinione pubblica tedesca cui apertamente si è rivolto Schauble, nel suo discorso duro e scomodo. Dunque, etica protestante e spirito del capitalismo? Non vorrei semplificare troppo, però non v’è dubbio che nei valori collettivi di una comunità siano ben presenti retaggi storicoculturali antichi, che poi determinano la scala dei valori. Per complicare ulteriormente il quadro, si potrebbe ricordare che la Costituzione tedesca colloca all’art. 1 la tutela della dignità («Würde»); e la Costituzione italiana mette all’art. 1 il valore del lavoro. Ci dichiariamo una Repubblica democratica fondata sul lavoro: e abbiamo da pochi giorni festeggiato il primo maggio. Cosa significhi questo sotto il profilo delle regole, e soprattutto come possa essere messo in relazione con il tema dell’intangibilità della vita non è facile a dirsi, soprattutto in queste poche colonne. Comunque, è da credere che il compito che spetta alla politica sia quello di condurre a un contemperamento i due valori, quello della sicurezza sanitaria e quello della dignità del lavoro, che mai come in questo momento si sono trovati a essere tra loro in potente frizione. La parte più produttiva del paese chiede ora che sia recuperato il senso di dignità del lavoro, dopo tanta compressione. È un compito politico, per l’appunto, non delegabile in blocco agli scienziati, che interpella il senso stesso delle regole del vivere associato.