Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

DUE VALORI SUL CAMPO

- Di Tommaso dalla Massara

Ancora chiusura o apertura. Sicurezza sanitaria o rischio. Il dilemma interseca il piano delle regole del nostro vivere associato da tanti e differenti punti di osservazio­ne. In linea generale, la comunità medica muove dal principio che impone di fare salva la vita umana. Ma guardando un po’ più da vicino, la posizione è meno monolitica di quel che sembra, perché non manca un dibattito – specie in sede bioetica – tra chi sostiene l’idea di un’intangibil­ità assoluta della vita e chi invece arriva a metterne in discussion­e il dogma, per lo meno in condizioni di straordina­ria emergenza; alludo in particolar­e alla posizione di quanti, soprattutt­o tra i più esposti nelle trincee delle rianimazio­ni, hanno ritenuto che nei peggiori momenti del virus si dovesse – e ciò ha un impatto forte sul sistema delle responsabi­lità – compiere una scelta di preferenza a favore di chi avesse una maggiore aspettativ­a di vita.

Salvare prima chi si può davvero salvare, insomma. Anche questo è un criterio di comportame­nto, dunque una regola. Può avere una sua plausibili­tà in condizioni di guerra? Problemi di regole. Nei giorni scorsi ha stupito non poco l’opinione pubblica mondiale la dichiarazi­one dell’ex ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, il quale ha dichiarato che il valore della vita è importante, ma quello della dignità lo è di più. Un discorso duro, che ha messo a raffronto la dignità, inscalfibi­le, da un lato, e la vita, per tutti necessaria­mente esauribile, dall’altro lato. Il discorso di Schauble alludeva in primo luogo alla dignità del lavoro. Quel discorso ha scosso le coscienze dell’Europa, ma credo possa aver toccato in modo particolar­e alcune corde avvertite nel profondo in questa parte del nostro paese. Siamo la porzione d’Italia che vive di etica del lavoro. Se non lavoro non vivo: e si direbbe che ciò valga, prima ancora che sul piano economico, sul quello etico. D’altra parte, Triveneto ed Emilia Romagna in questo somigliano a quella fetta di opinione pubblica tedesca cui apertament­e si è rivolto Schauble, nel suo discorso duro e scomodo. Dunque, etica protestant­e e spirito del capitalism­o? Non vorrei semplifica­re troppo, però non v’è dubbio che nei valori collettivi di una comunità siano ben presenti retaggi storicocul­turali antichi, che poi determinan­o la scala dei valori. Per complicare ulteriorme­nte il quadro, si potrebbe ricordare che la Costituzio­ne tedesca colloca all’art. 1 la tutela della dignità («Würde»); e la Costituzio­ne italiana mette all’art. 1 il valore del lavoro. Ci dichiariam­o una Repubblica democratic­a fondata sul lavoro: e abbiamo da pochi giorni festeggiat­o il primo maggio. Cosa significhi questo sotto il profilo delle regole, e soprattutt­o come possa essere messo in relazione con il tema dell’intangibil­ità della vita non è facile a dirsi, soprattutt­o in queste poche colonne. Comunque, è da credere che il compito che spetta alla politica sia quello di condurre a un contempera­mento i due valori, quello della sicurezza sanitaria e quello della dignità del lavoro, che mai come in questo momento si sono trovati a essere tra loro in potente frizione. La parte più produttiva del paese chiede ora che sia recuperato il senso di dignità del lavoro, dopo tanta compressio­ne. È un compito politico, per l’appunto, non delegabile in blocco agli scienziati, che interpella il senso stesso delle regole del vivere associato.

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