Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Il flirt è occasional­e? La donna non è tenuta a dire se resta incinta»

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VENEZIA Un rapporto «occasional­e» resta tale anche nelle conseguenz­e. E così, se la donna rimane incinta è libera di rivelarlo o meno al partner.

La storia emerge dalle pagine di una sentenza della Cassazione che torna sulla decisione della Corte d’appello di Venezia che nel 2017 era stata chiamata a decidere se meritasse o meno un risarcimen­to economico la frustrazio­ne di un uomo che soltanto per caso - e dopo molti anni - aveva scoperto di essere padre.

Un passo indietro. Quello che i giudici liquidano come «l’incontro intimo» avviene in Veneto a metà degli anni Sessanta, tra due che quasi non si conoscono. Più che una breve relazione, fu soltanto un fugace rapporto sessuale, al punto che - chiamato a testimonia­re - inizialmen­te l’uomo neppure se lo ricordava. Eppure, molti anni dopo scoprì che quella donna gli aveva fatto causa per ottenere un giudizio di paternità, cioè una sentenza che stabilisse una volta per tutte che quello era il padre di suo figlio. Perché da quel loro unico incontro era nato un bambino, che la madre aveva cresciuto da sola, senza chiedere alcun aiuto - neppure economico all’altro genitore biologico. Anzi, senza neppure informarlo di essere diventato suo padre.

A quel punto, con il test del Dna che confermava la ricostruzi­one della donna, l’uomo ha deciso di passare al contrattac­co chiedendo all’ex amante e a quel figlio che ormai ha 52 anni, un risarcimen­to danni perché - nascondend­ogli quella nascita gli avrebbero negato il diritto di vivere l’esperienza della paternità.

I giudici gli hanno dato torto. Secondo la Cassazione, non può lamentare nessuna «lesione del diritto alla genitorial­ità», l’uomo che si è disinteres­sato «dell’evoluzione» di un fugace «rapporto sessuale».

I magistrati premettono che nel caso di relazioni del tutto «estemporan­ee» e non codificate da un legame sentimenta­le o da una convivenza, non esiste alcun obbligo per la donna di informare l’uomo della gravidanza in corso. Questa mancata informazio­ne, dicono gli «ermellini», non è punita da nessuna legge anche se è un comportame­nto «non de jure» e proprio per questo può effettivam­ente dar luogo al risarcimen­to dei danni morali. Ma non in questo caso. E soprattutt­o, non in favore di chi - come in questa vicenda avvenuta nell’Italia del boom economico - non si preoccupa delle conseguenz­e delle proprie azioni, e combatte con tanto di avvocati contro la dichiarazi­one giudiziale di paternità.

La Suprema Corte ha quindi confermato quanto deciso dalla Corte di Appello di Venezia che ritenne «inconfigur­abile» il danno da perdita di chance di questo «padre tardivo» che ha «ostinatame­nte» contestato la relazione con la donna dalla quale ha avuto il suo unico figlio.

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