Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Cattolica, intesa sullo statuto Proposta unica in assemblea
Informativa in consiglio sul compromesso compagnia-dissidenti. Venerdì cda decisivo
VERONA Cattolica, Bedoni e i soci dissidenti vicini al compromesso sullo statuto. Ieri, prima, in mattinata, il cda della compagnia assicurativa, durante il quale l’avvocato Mario Cera avrebbe riferito dell’esito della trattativa con i legali Galbiati e Sacchi, rappresentanti dei soci Luigi Frascino e Giuseppe Lovati Cottini, i leader dell’iniziativa del «Buon governo», giunta fino ad un testo condiviso; e il cda che affida un mandato di formulare una proposta di sintesi da proporre in assemblea. Poi, nel pomeriggio, alle 17.30, l’incontro in teleconferenza convocato dallo stesso presidente di Cattolica con le associazioni dei soci. Incontro rapido, non più di mezz’ora, in cui non si sarebbe però fatto cenno dell’intesa in dirittura d’arrivo, segno forse che non tutti i tasselli sono già al posto giusto. Il presidente si sarebbe limitato invece a rimandare alle decisioni del cda di venerdì la scelta sulla distribuzione o meno del dividendo e soprattutto a condividere la necessità di convocare l’assemblea dei soci entro il 30 giugno, anche con lo schema, causa coronavirus, delle porte chiuse e del voto espresso con il rappresentante designato.
Soluzione problematica per una cooperativa, con assemblee frequentate da migliaia di soci. Specie se all’ordine del giorno c’è una parte straordinaria con un confronto teso su due schemi contrapposti di modifiche statutarie, l’uno dei quali avrebbe l’effetto di mettere fuori gioco da subito Bedoni e altri consiglieri. Soluzione meno problematica, però, se il confronto che doveva tenersi nell’assemblea del 6 marzo, poi, causa coronavirus, aggregata a quella di bilancio del 25 aprile e ulteriormente rinviata, viene di fatto disinnescata da un compromesso. Su cui, come mostra la giornata di ieri, si stanno stringendo i tempi.
Decisivo, a questo punto, sarà il cda di dopodomani. Che sarà chiamato, se tutto fila liscio, a convocare l’assemblea dei soci, forse proprio il 30 giugno, e ad approvare il testo della proposta unica condivisa di modifica statutaria da proporre in assemblea. Le trattative finali sulle limature sono febbrili, i rischi d’inciampo sempre possibili. Ma la trattiva è data per chiusa.
Lo schema intorno a cui si ragiona prevede il ritiro sia della proposta del «Buon governo», che di quella alternativa approvata il 20 marzo dal cda. Per presentare in assemblea solo la nuova proposta condivisa tra le parti e approvata dal consiglio. Un compromesso, in cui il Buon governo accetta di accantonare la decadenza immediata di Bedoni e di altri tre consiglieri, lasciando il cda andare alla scadenza naturale e facendo scattare i cambiamenti con il nuovo cda eletto nel 2022. In cambio dell’accoglimento di un buon lotto delle proprie modifiche: il limite dei tre mandati per il presidente e una limitazione dei suoi ruoli operativi, l’introduzione di limiti di età, il rafforzamento delle rappresentanza delle minoranze e i compensi fissati in assemblea.
Un compromesso che evita un confronto violento nella compagnia, oltretutto in un clima del tutto mutato con l’emergenza Coronavirus. Esito trainato dal fronte veronese del Buon governo, da Frascino e Lovati Cottini, che hanno preferito incassare un compromesso piuttosto che puntare ad un risultato pieno, dall’esito però molto incerto; e accettato con realismo dai soci milanesi Francesco Brioschi e Massimiliano Cagliero, entrati in campo soprattutto in dura polemica di fronte alla clamorosa messa alla porta dell’amministratore delegato Alberto Minali. «Prendiamo atto che nella proposta ci sono miglioramenti e neanche di poco conto - dice Brioschi -. Ma certo non diciamo che tutto così va a posto. E soprattutto resta il danno compiuto con l'allontanamento di Minali».
Minali, che da quel che si capisce, probabilmente si prepara a votare contro alla proposta. Specie se confermate alcune scelte della prima proposta cda, che limiterebbero la portata dei cambiamenti. Come il limite di mandato di nove anni per il presidente, che tuttavia potrebbe rimanere poi da consigliere. E con una previsione di limiti di età, secondo cui, alla nomina del cda, un terzo dei consiglieri dovrebbe avere meno di 60 anni. Che creerebbe alla fine ben pochi problemi.