Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Sarte e altri disoccupati nei campi ci vanno loro
Il tema sanatoria non scalda i veneti: «I clandestini non ci sono»
VENEZIA La regolarizzazione dei migranti che già lavorano in Italia, prevista nella bozza del nuovo Decreto Rilancio del governo Conte, dovrebbe rivelarsi in Veneto un’operazione pressoché neutrale, per opinione condivisa dei sindacati, delle categorie agricole e delle agenzie del lavoro. Di fatto, nella nostra regione lavoratori clandestini non ce ne sono o, se ci sono, rappresentano una percentuale di poco sopra lo zero. Nei campi, per i fabbisogni della raccolta, stanno andando i disoccupati italiani: sarte, personal trainer, lavoratori dello spettacolo.
Regolarizzare per un periodo limitato migranti che già lavorano in Italia - così come pare sia previsto nella bozza di decreto sulla quale le forze politiche hanno trovato l’intesa - per il Veneto sarà un’operazione del tutto ininfluente o quasi. Su questo concordano i sindacati, le agenzie che studiano le dinamiche del lavoro e le categorie dell’agricoltura, il settore, cioè, che più di qualsiasi altro ha bisogno di braccia straniere per le varie campagne di raccolta di frutta ed ortaggi.
Il motivo è abbastanza semplice: di lavoratori clandestini nella nostra regione non ce ne sono o, se esistono, rappresentano un’incidenza da zero virgola. La manodopera straniera, ormai «di casa» nelle campagne venete, è data da squadre formate per lo più da cittadini dell’Est europeo (Polonia e Romania sopra tutti) con frange di nordafricani (Marocco) e indiani nella zootecnia. Cioè operatori che, a cessate esigenze agricole, in un arco di tempo grosso modo collocato fra gennaio e ottobre, rientrano in patria.
Se il decreto si riferisce anche ad altre figure, come colf e badanti, il tema ugualmente non si pone perché le loro mansioni sono generalmente estese per tutti i 12 mesi e dunque, non tornando nei paesi d’origine, non sono rimaste bloccate dal Covid-19 al di fuori dei confini nazionali.
Rimane ben visibile il problema della mancanza di operatori sui campi in assenza di provvedimenti. Quanti? Il fabbisogno dell’agricoltura regionale, riferisce la Coldiretti del Veneto, è di circa 65-70 mila stagionali e si calcola che la componente straniera valga intorno alle 30 mila unità. Nel 2019, secondo i dati di Veneto Lavoro, fra gennaio e aprile le assunzioni sono state intorno alle 23 mila, cifra salita a ottobre a 28 mila. Si tratta ora di comprendere cosa potrebbe accadere se questo contingente di operatori non potesse giungere in Veneto. «Non voglio nemmeno pensare alla possibilità di lasciare sulle piante le pesche di Villafranca o l’uva trevigiana – è il commento di Tino Arosio, direttore della Coldiretti del Veneto – e fragole e asparagi fino a ora siamo riusciti a raccoglierli con persone individuate anche grazie alle banche dati di Veneto Lavoro. Parliamo di disoccupati, cassintegrati o studenti».
Per inciso, in provincia di Verona nella raccolta delle fragole per la prima volta la manodopera italiana ha superato il blocco tradizionale di polacchi e rumeni. Su 1.200 assunzioni, infatti, il 35% è stato coperto da connazionali senza occupazione, da saldatori a sarte, da personal trainer a lavoratori dello spettacolo. Quelli dell’Est europeo non hanno superato il 25% e solo perché persone che all’esplosione dell’emergenza si sono trovate già in Italia e senza la possibilità di rientrare.
«Anche se non è certo la stessa cosa. Gli stranieri - prosegue Arosio - sono già affiatati in squadre che conoscono bene il mestiere che non consiste solo nel raccogliere frutta e ortaggi. Bisogna ad esempio gestire le macchine agricole e saperle condurre, insegnare tutto questo a chi per la prima volta si cimenta con il lavoro nei campi non è cosa semplice». Perciò quello che le organizzazioni agricole chiedono al Governo sono misure diverse dalle regolarizzazioni. «Ci piacerebbe che fossero istituiti i “corridoi verdi” così come è avvenuto in Germania, Francia e Gran Bretagna, e che si pensasse a una reintroduzione dei voucher, strumenti snelli che favorirebbero l’impiego immediato di manodopera. Penso in ogni caso che potremmo far fronte alle esigenze di manovalanza con risorse nazionali se solo fosse possibile incrociare in modo efficiente domanda ed offerta di lavoro, visto che forze destinate a rimanere senza impiego, almeno per i prossimi mesi, di sicuro non mancheranno». Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro, conferma infatti che negli elenchi dei centri per l’impiego vi è una grande disponibilità di qualifiche medio-basse. «Invito gli imprenditori agricoli a rivolgersi anche alle nostre organizzazioni perché i collaboratori stranieri sui quali contano da molti anni per questa stagione difficilmente arriveranno. In agricoltura si è soliti chiedere forza lavoro oggi per domani ma riqualificare neoassunti per la prima volta in agricoltura non sarà un’operazione rapida».
Occorre istituire i “corridoi verdi” anche in Italia, oltre a reintrodurre i voucher,che favorirebbero l’impiego immediato