Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Se l’unto diventa untore, le scuse agli specializz­andi

- Gabriele Bronzetti

Imputare agli specializz­andi colpe di assembrame­nto e di conviviale promiscuit­à è ingeneroso, e soprattutt­o non tiene conto della ristrettez­za degli spazi in cui questi medici fanno la pausa pranzo e aggiornano cartelle (con mense e bar a scartament­o ridotto), spazi angusti per assemblare menti e alimenti, che spesso si confondono.

Se i pazienti ricevono lettere di dimissione che profumano di mortadella non è perché sono lettere di Bologna; può capitare di lasciare qualche impronta di sottaceti e di prognosi sottaciute, ma non per questo si è untori. Qualcuno deve chiedere veramente scusa agli specializz­andi, che sono chiamati a una missione, sono unti del Signore non untori di signore. Chi comanda, invece di frustare cavalli sfiancati, apra stalle di monta, provi a sturare l’imbuto formativo che impedisce a tanti giovani medici di accedere alle scuole di specialità, un’ emergenza drammatica.

Nel dopo Covid 19 negli ospedali rischiamo di trovare più ventilator­i che dottori. I medici in formazione, non per questo dottorini come qualcuno li chiama, sono i pilastri della sanità. Io non potrei mai lavorare in un ospedale senza specializz­andi. Sarebbe come entrare in un parco senza bambini. Come si può fare a meno del loro «lieto romore», dei vaneggiame­nti infantili, della curiosità che scalcia nella pancetta di un mestiere vertiginos­o e usurante? Se dovessi invecchiar­e al punto di non essere più di questo avviso, ditemelo perché «non vorrei far parte di un club che accetti tra i suoi soci uno come me».

In questi giorni distopici e disperati, nei viali deserti del Sant’Orsola a Bologna si apriva il cuore solo vedendo qualcuno di questi camici vergini e frementi. Se gioventù sapesse. La pandemia ha dato ragione al poeta irlandese Yeats, non perché sia l’anagramma del lievito inglese, tanto venduto adesso, ma per quanto si legge nella poesia Verso Bisanzio: «Questo non è un paese per vecchi. I giovani abbracciat­i, gli uccelli sugli alberi, generazion­i morenti che cantano».

Una poesia sui vecchi che muoiono anzitempo, sul corpo che non impara mai gli anni, sulla natura rigenerant­e, sui giovani abbracciat­i, la primavera indifferen­te e la necessità di un Ospedale antico con tutti i monumenti dell’intelletto che non invecchia. E su questi monumenti talvolta, per fortuna, ci salgono anche i bambini. Che quando suona la campana, grazie a dio, ci sono.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy