Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Cig pagata a 3 pmi su 10 di chi è la responsabi­lità

- Ma. Bo.

VENEZIA In Veneto sono state presentate 33.700 domande per la cassa integrazio­ne in deroga, per un totale di 114 mila lavoratori. Di questi, però, solo il 30% ha ricevuto ad oggi l’indennizzo dovuto. Per gli altri, nonostante i 300 milioni assegnati dal governo alla nostra regione appaiano sufficient­i per coprire tutte le richieste, ci vorranno almeno due mesi prima di vedere i soldi in conto corrente (a fine maggio sarà pagato chi ha presentato la domanda a marzo). E mentre la tensione sociale cresce (anche ieri un gruppo di persone si è presentato alla porta del governator­e Luca Zaia, al centro di protezione civile che ospita la sua conferenza stampa quotidiana a Marghera), l’orizzonte non è destinato a migliorare. «Abbiamo dato al governo alcuni suggerimen­ti - spiega l’assessore al Lavoro Elena Donazzan - ma finora non siamo stati ascoltati, anche se da parte del ministro Catalfo c’è stata disponibil­ità ad incontrarc­i». Donazzan, che rispedisce al mittente le accuse lanciate dal ministro degli Esteri Di Maio secondo cui la colpa dei ritardi sarebbe delle Regioni, assicura che tutte le domande presentate al portale di Palazzo Balbi sono state processate: «Siamo la prima regione in Italia per perfomance. Il problema sta nella farraginos­ità dell’iter che prevede la presentazi­one della domanda da parte dell’azienda, una prima verifica in Regione, una seconda verifica da parte dell’Inps, un secondo contatto con l’azienda, il pagamento da parte dell’Inps. Riconoscia­mo il grande lavoro svolto dall’istituto di previdenza, che ha lavorato pure di notte e il sabato con picchi di 2.500 domande al giorno, ma è chiaro che i tempi tecnici non possono comprimers­i più di così a fronte della mole di adempiment­i richiesti. Se a questo aggiungiam­o che invece di prevedere un unico ammortizza­tore sociale per l’emergenza Covid ce ne sono ben sei, tutti diversi e con procedure diverse, ecco spiegato perché non sta funzionand­o niente». Il quadro è confermato al Tgr

Veneto dal direttore dell’Inps regionale Antonio Pone: «Si tratta di un’attività non semplice, e purtroppo la complessit­à mal si concilia con la velocità. La presentazi­one del modulo “Sr41”, che ci consente di entrare nei dati retributiv­i e nell’Iban del lavoratore, sta creando molti problemi alle piccole imprese ma è fondamenta­le perché senza di esso noi non sappiamo quanto dobbiamo pagare né dove dobbiamo liquidare». C’è poi il tema delle banche, che avrebbero dovuto anticipare le somme in questione proprio per evitare un aggravamen­to della tensione sociale e invece, nonostante l’accordo firmato dall’Abi con lo Stato (quello con la Regione risale addirittur­a al 2016), non

stanno procedendo. Dando l’idea, piuttosto grave, di non fidarsi dello Stato. La soluzione suggerita dalle Regioni, che il governo pare intenziona­to ad accettare, è quella di bypassare il passaggio presso di loro, permettend­o all’azienda di interloqui­re direttamen­te con l’Inps, così da accorciare la catena dei controlli e delle autorizzaz­ioni. Allo stesso tempo, nel «decreto Rilancio» dovrebbe entrare un fondo per l’anticipo della cassa garantito dallo Stato, con una dotazione però ancora da definire. Ma i problemi, a questo punto, vanno sommandosi. «Dopo la drammatica esperienza della cassa integrazio­ne, registriam­o nei giorni scorsi alcuni stop anche nell’erogazione degli assegni Fis a causa dell’esauriment­o delle risorse assegnate avverte la presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Venezia, Patrizia Gobat -. Il governo non è in grado di legiferare nei tempi utili a garantire il giusto sostentame­nto ai lavoratori e alle imprese, si perde in un coacervo di norme che nulla hanno a che fare con l’emergenza. Ricordiamo che l’ultimo stipendio percepito dai lavoratori è quello di febbraio e i lavoratori autonomi hanno ricevuto in due mesi 600 euro. Stop».

 Donazzan Tra domanda e pagamenti c’è un iter lungo e faticoso Sei tipi di ammortizza­tori diversi non aiutano

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