Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Steward, gel e acqua santa: in chiesa la Fase 2
Volontari agli accessi, banchi meno affollati e c’è chi disegna sul pavimento della navata il percorso per fare la comunione
VENEZIA Al posto dell’acquasanta, gel igienizzante e guanti. Banchi più lontani e muniti di segnaposto, vademecum per i fedeli, «steward» per controllare accessi e rispetto del numero chiuso. E anche linee di distanziamento per la comunione segnate sul pavimento della navata.
Da martedì, quando il Patriarcato di Venezia ha diffuso le linee guida sulla Fase 2 delle celebrazioni, secondo l’intesa tra la Cei e il Governo, i parroci veneziani stanno lavorando per adeguare le chiese in vista della ripresa delle messe, lunedì.
Nella basilica di San Marco, ieri, giornata di lavori per spostare i banchi in modo da rispettare il metro di distanza prescritto tra i fedeli. «Stiamo decidendo l’assetto dei posti e calcolando la capienza che risulterebbe garantendo la sicurezza - spiega il parroco, don Orlando Barbaro - ma l’altar maggiore verrebbe usato solo nei giorni festivi. Per i feriali celebreremo nella cappella di Nicopeia, già a norma». Gli «steward» - volontari per garantire il distanziamento - ci sono già: con loro anche qualche dipendente al momento in cassa integrazione. Loro compito sarà anche sanificare gli ambienti dopo ogni funzione. «Valuteremo se fare dei sensi unici nella Basilica per regolare entrate e uscite dei fedeli e metteremo a disposizione gel igienizzante e guanti all’ingresso», conclude il parroco di San Marco.
Poco lontano, a Rialto, la chiesa di San Salvador è già pronta: accesso separato per anziani e fogli rossi per indicare dove non sedersi. «Metteremo a disposizione oltre al gel igienizzante anche i guanti monouso, oltre a un vademecum per i fedeli», precisa il parroco don Roberto Donadoni, che si prepara ad aprire altre tre chiese. Ovunque, vietato l’ingresso ai fedeli con sintomi influenzali ma niente misurazione della temperatura: manca il personale. Nota dolente è infatti la carenza volontari che dovrebbero aiutare lo svolgimento delle funzioni. «Vedremo domenica quante persone risponderanno all’appello - sospira don Stefano Costantini, che guida tre parrocchie a nel sestiere di Cannaregio - avere fedeli sotto i 65 anni (meno a rischio Covid, ndr) non è facile. Dove li trovo a Venezia? E poi non si trovano i guanti. Non so ancora se riusciremo a ripartire. Magari si sarebbe potuto aspettare un po’ di più per la riapertura».
Al Duomo di Mestre è andata meglio: una ventina di volontari si riunirà sabato per organizzare i turni di servizio. «Appena hanno saputo che ricominciavano le messe si sono fatti avanti», racconta il parroco don Gianni Bernardi, che con il distanziamento ha ridotto i posti in chiesa da 400 a 160. «I collaboratori guideranno le persone al posto e controlleranno che non entrino troppe persone. Abbiamo ridotto le funzioni domenicali per darci il tempo di igienizzare la chiesa e metteremo anche dei tappeti imbevuti con alcool alla porta per sanificare le suole di chi viene a messa». Nella chiesa di San Giuseppe, lungo viale San Marco, don Natalino Bonazza ha fatto di più: dei segni con il nastro adesivo sul pavimento della navata per ricordare a chi è in fila per la comunione la giusta distanza (1,5 metri, da linee guida). «Le chiamerei “linee di cortesia” - chiarisce lui - per far capire che è un’attenzione verso gli altri, non un divieto. Tentiamo di dare un volto amico a questa riapertura, per far capire che la chiesa non è militarizzata. I volontari? Abbiamo raccolto gli scout, perché siano il volto umano dell’emergenza».
Altre parrocchie sono meno organizzate e non hanno fretta. Il 18, giorno della riapertura, è un lunedì. Il vero banco di prova sarà il 24 maggio: la prima domenica della fase due.
Tentiamo di dare un aspetto amichevole a questa riapertura, per far capire che la chiesa non è militarizzata. I volontari? Abbiamo raccolto gli scout, perché siano il volto umano dell’emergenza