Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il prefetto: gli occhi della mafia sui locali in crisi

Vittorio Zappalorto, prefetto di Venezia, e la preoccupaz­ione per il territorio veneto dopo il lockdown: «Siamo terreno fertile per la mafia»

- Di Francesco Bottazzo

 Manca liquidità, gli imprendito­ri potrebbero fare una scelta suicida

VENEZIA «Eraclea insegna, ma ci sono stati anche altri episodi in precedenza a confermarl­o, il nostro territorio è fertile per le associazio­ni mafiose. Adesso con l’arrivo di molti soldi, è più di un rischio, direi una certezza, il tentativo di infiltrazi­oni», dice il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto.

Lo scorso mese il ministro dell’Interno ha inviato una direttiva a tutti i prefetti per aumentare il monitoragg­io, che segnali sono arrivati?

«È sotto gli occhi di tutti la situazione che si è venuta a creare con il lockdown, molte imprese e ditte, soprattutt­o quelle più piccole, sono in grandi difficoltà. E queste difficoltà potrebbero aprire la strada a interessi che sono quelli della criminalit­à organizzat­a. Manca liquidità, gli incassi non ci sono stati per settimane, gli imprendito­ri

potrebbero fare una scelta suicida». Chiedere aiuto alle associazio­ni criminali?

«Vendere, anche se sarebbe meglio dire svendere, la propria azienda, o far entrare capitali illeciti. È questa una tentazione che si presenta in ogni crisi, c’è stata anche nel 2008 dopo il crac della Lehman Brothers e a maggior ragione si presenta oggi in forma più forte».

Anche perché, prefetto, il territorio Veneziano e Veneto ha già dimostrato di essere territorio «fertile».

«Certo, sappiamo che questa presenza esiste da tempo. Mi lasci dire che è una presenza diffusa, in certe zone capillarme­nte diffusa: ce l’ha mostrato la vicenda Eraclea, ma ce l’hanno confermato anche tante altre indagini precedenti, e non penso che oggi non ne approfitti­no dell’emergenza. Questi criminali dispongono di somme ingenti con cui si rivolgono agli imprendito­ri in difficoltà che piuttosto di morire accettano capitali illeciti. Penso che questo non sia solo possibile, ma molto probabile». In questi due mesi c’è stata qualche avvisaglia?

«Non abbiamo avuto evidenze, ma sappiamo che è solo questione di tempo. Dobbiamo vigilare e metter in atto tutte le azioni possibili per evitarlo. Con pochi soldi le mafie possono accaparrar­si attività importanti». E l’economica veneziana legata al turismo aiuta.

«Venezia è terreno fertile, con un’economia che si basa solo sul turismo nel momento in cui il turismo non c’è è a rischio tutta la città: la ristorazio­ne, gli alberghi, i campeggi, i bar... Molte di queste attività non riuscirann­o più ad aprire favorendo l’ingresso di associazio­ni mafiose. Lo abbiamo visto anche a Caorle, a Jesolo e in tutto il litorale Adriatico, caratteriz­zato dall’attività criminale organizzat­a. Per questo vanno affinati gli strumenti in modo da capire per tempo cosa sta succedendo  e coordinarc­i per essere pronti per fronteggia­re questo fenomeno». Ha già previsto qualcosa?

«Sto mettendo a punto una strategia, ma non posso certo raccontarg­liela. Mi coordinerò  con la procura e tutte le forze dell’0rdine»

I soldi che stanno arrivando con il decreto Rilancio presentato un paio di giorni fa dal premier Conte rischiamo di aumentare l’attrattivi­tà della nostro territorio. «In tutte le situazioni in cui ci sono soldi, soprattutt­o in arrivo dalla Stato, la criminalit­à drizza le orecchie. Adesso che c’è la necessità di velocizzar­e i tempi e le procedure, potrebbero incunearsi consorzi criminali. Ne stia certo, i i tentativi saranno fatti anche questa volta, noi dobbiamo essere bravi ad aspettarli al varco e individuar­e subito società finte costruite per lavare i soldi, piuttosto che cartiere per fatture false. E’ assodato che il nostro territorio non sia immune». Come si possono bloccare?

«Lavorando tutti assieme: Comuni, forze dell’ordine, categorie soprattutt­o, che devono fare scudo assieme a noi. I contributi devono andare a chi ha bisogno: persone aziende, ditte che sono in crisi. Quelle vere, non finte».

I contributi devono andare a chi ha davvero bisogno: le vere ditte in crisi

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