Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
RIPARTENZA, IL FARO DELLA CARTA
C’è un po’ di confusione sulle competenze in tema di «limitazioni – coronavirus», soprattutto relativamente a quelle che vanno ad incidere sulle varie attività imprenditoriali (negozi, bar, ristoranti, stabilimenti balneari...). Partendo dal presupposto che sia i decreti del premier che le ordinanze dei governatori sono atti amministrativi generali.
Ené gli uni né gli altri contengono norme di legge. Qualcuno ha ritenuto che vi sia un’equiparazione di posizione e che le Regioni possano andare oltre il contenuto dei Dpcm. Ritengo, in base alla recente sentenza n.841/2000 del 9 maggio scorso,emessa dal Tar della Calabria, che così non sia, perché il decreto legge n.19 del 2020 ha stabilito all’art.2, comma 1 la competenza del Presidente del Consiglio a emanare con Dpcm misure atte a contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del Covid-19. L’art.3, comma 1, consente alle Regioni di adottare misure di dettaglio, ma deve trattasi di misure ulteriormente restrittive delle attività sociali e produttive esercitabili nella Regione. Se poi le limitazioni dovessero essere contenute non in un Dpcm ma in un decreto legge è evidente che le previsioni del decreto legge sono fonte normativa cui in ogni caso gli atti amministrativi delle Regioni dovranno uniformarsi. Rimarrebbe il problema dell’eventuale incostituzionaità del decreto legge per eventuale contrasto con l’articolo 41 della Costituzione. A mio avviso il primo comma dell’art.41: «L’iniziativa economica privata è libera», va letto congiuntamente all’art.32 della Costituzione secondo cui: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Solo questo diritto viene qualificato alla Carta Costituzionale come «fondamentale», assumendo in un certo senso un carattere di prevalenza. In ogni caso, il secondo comma dell’art.41 stabilisce che l’iniziativa economica «non può svolgersi in contrasto con l’attività sociale o in modo di recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». In tale ambito ha, secondo me, rilievo primario la salute, per cui la libertà di iniziativa economica trova appunto un limite costituzionale nella tutela della salute di cui al citato art.32. Altra questione è se il decreto o il Dpcm dettino norme in qualche punto «generiche» tali da lasciare spazio a integrazioni da parte delle varie Regioni: in tal caso è evidente che ben potranno i governatori emettere ordinanze anche di natura diversa. Non si tratta di «allargare» le maglie dei provvedimenti statali, ma di colmare le lacune lasciate negli stessi, per lasciare spazio all’autonomia regionale.