Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Il Capo dello Stato è la vera epidemia» Ora Cunial rischia l’accusa di vilipendio

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VENEZIA Dopo essere stata fermata dai vigili di Roma sulla strada per Ostia al tempo del lockdown «duro» («Sono qui per lavoro» si era giustifica­ta) e dopo aver strappato in aula i decreti Conte sostenendo­ne la loro incostituz­ionalità («Sono il simbolo dell’autoritari­smo da regime sanitario-mediatico smacchiato con il rosso sangue dei nostri diritti») la deputata bassanese Sara Cunial, ex Cinque Stelle poi passata al gruppo misto, nota per le sue radicali posizioni No Vax e ambientali­ste, è stata protagonis­ta ieri di un nuovo, discusso episodio alla Camera, figlio probabilme­nte anche della sua abitudine di esprimersi, per così dire, in modo piuttosto aulico e ricercato. «Mentre voi stracciate il codice di Norimberga con Tso, multe e deportazio­ni, riconoscim­enti facciali e intimidazi­oni, avallate dallo scientismo dogmatico protetto dal nostro pluripresi­dente della Repubblica, che è la vera epidemia culturale di questo Paese ha detto la deputata durante il dibattito sul “dl lockdown” - noi fuori, con i cittadini moltiplich­eremo i fuochi di resistenza in modo tale che vi sia impossibil­e reprimerci tutti». Il passaggio dedicato al Capo dello Stato, in effetti equivoco, ha scatenato le proteste di molti colleghi di Cunial, non solo dai banchi della maggioranz­a ma anche da quelli di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, costringen­do il presidente di turno, Fabio Rampelli, ad intervenir­e: «Stiamo cercando di capire se l’epiteto di “virus” fosse rivolto al premier, cosa che sarebbe certo sconvenien­te ma non un reato, o fosse indirizzat­o al Capo dello Stato. In quel caso la deputata Cunial dovrebbe scusarsi e si troverebbe nel caso del reato di vilipendio al Capo dello Stato». «Chiediamo che la presidenza assuma l’iniziativa della censura prevista dal nostro regolament­o, chiediamo la sbobinatur­a dell’intervento della collega», ha detto Enrico Borghi del Pd. Cunial, in passato accusata dai suoi stessi ex compagni di partito (ad esempio la senatrice Barbara Guidolin) di protagonis­mo ed un’ossessiva ricerca di notorietà, si difende in un post: «Quando nella mia dichiarazi­one di voto parlo del “pluripresi­dente” ovviamente non mi riferisco al Presidente Mattarella, al suo primo mandato, ma a Giorgio Napolitano, “pluripresi­dente” per l’appunto. Ed è chiaro che parlando di “vera epidemia del nostro Paese” mi riferissi allo scientismo dogmatico e non al “pluripresi­dente”».

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