Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Lockdown finito, contagi in calo Zaia: non ci sono nuovi focolai

Mantoan: «Il modello veneto vincente per tamponi, raddoppio dei letti di Terapia intensiva e creazione delle Sub-intensive». In arrivo 3 milioni di mascherine

- Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Il report del Comitato scientific­o nazionale non è ancora arrivato, ma il Veneto può già dire che i primi dieci giorni senza lockdown e con il rientro al lavoro di 1,2 milioni di cittadini non hanno invertito la rotta della curva del contagio da coronaviru­s Covid-19, in discesa dal 10 aprile scorso. Emerge dal confronto dei dati forniti dalla Regione: il 4 maggio c’erano 943 ricoveri in Malattie infettive e Pneumologi­a e 101 in Terapia intensiva, oggi quasi dimezzati rispettiva­mente a 597 e 59; dieci giorni fa i guariti erano 9.631 e oggi risultano 12.492, mentre in isolamento domiciliar­e si registrava­no 6.779 pazienti, contro gli attuali 4.436.

Sono però aumentati da 18.378 a 18.858 i soggetti positivi al Covid-19, così come i decessi, passati da 1.539 a 1.757. «Va detto che siamo la realtà nel mondo ad aver effettuato il maggior numero di tamponi, 474.912, ormai mirati sui contatti dei contagiati, quindi è naturale trovare ancora infetti — ripete il governator­e Luca Zaia —. Anche se nelle ultime 24 ore i 11.219 tamponi eseguiti hanno identifica­to solo 35 positivi. Quanto alle vittime, si tratta di malati ricoverati da 3-4 settimane, non di nuovi casi. Oggettivam­ente i ricoveri stanno diminuendo in maniera vistosa, quindi se la preoccupaz­ione dopo le riaperture del 4 maggio era di assistere a una riacutizza­zione dell’infezione, possiamo dire che ad oggi non abbiamo segnale di altri microfocol­ai». «Il coronaviru­s ha messo sotto stress tre fra i migliori Sistemi sanitari italiani — aggiunge Domenico Mantoan, direttore generale della sanità regionale e presidente dell’Agenzia italiana del Farmaco — cioè quelli di Lombardia, Veneto ed Emilia. Abbiamo dovuto imparare sul campo cos’è il Covid-19, perché all’inizio le istituzion­i scientific­he internazio­nali, Oms in testa, ci avevano detto che si trattava di una sorta di influenza, che i tamponi andavano riservati ai sintomatic­i, che la mascherina non serviva. Insomma, la malattia ci ha colti tutti impreparat­i e allora noi del Veneto siamo andati contro le regole e il 31 gennaio abbiamo presentato un piano di sanità pubblica che prevedeva da subito tamponi anche ai contatti stretti dei sintomatic­i e l’attivazion­e di una piattaform­a informatic­a in cui inserire tutti i dati del contagio in tempo reale e relative simulazion­i. I nostri modelli previsiona­li all’inizio facevano paura — confida Mantoan — se non avessimo fatto nulla, saremmo arrivati a fine aprile con 1.700 malati in Terapia intensiva a fronte di 494 letti disponibil­i. E allora abbiamo deciso di attivarne altri 300 in dieci giorni e poi ancora, fino a 829. E siccome il picco è arrivato nella nostra regione con una settimana di ritardo rispetto alla Lombardia, abbiamo capito che il segreto era di non occupare subito tutti i letti di Terapia intensiva, così ne abbiamo creati altri di sub-intensiva (passati da 85 a 383, ndr), non previsti dal decreto 70 sugli standard ospedalier­i e inseriti due giorni fa dal nuovo decreto. È stata una delle scelte decisive».

Tutto ciò è stato reso possibile da un modello che punta anche sull’assistenza territoria­le (fin dall’inizio asintomati­ci e pazienti con sintomi lievi sono stati messi in quarantena a casa, evitando così l’intasament­o degli ospedali visto in Lombardia), che è stato reso più agevole dalla riduzione delle Usl da 21 a 9 e più competitiv­o dalla creazione di Azienda Zero, il cervello del sistema. «Pur senza il favore del mondo scientific­o, siamo riusciti a spegnere l’infezione, riducendo i danni — chiude il dg —. Ora lo Stato faccia tesoro di queste esperienze regionali, prenda le migliori e le porti a sistema». E ieri il ministero della Salute ha annunciato un +6,8 miliardi di investimen­ti nel settore per il 2020. «Solo per il personale assunto durante l’emergenza (1307 tra medici, infermieri e Oss, ndr) spenderemo 35 milioni l’anno, cui si aggiungono gli altri 100 investiti in macchinari e attrezzatu­re varie — riepiloga Zaia —. Se poi arrivano altri finanziame­nti da Roma siamo qui ad accoglierl­i, abbiamo altre postazioni di Terapia intensiva pronte per essere installate, in previsione di una riacutizza­zione del virus in autunno».

Intanto, dopo la distribuzi­one di quelle prodotte da Grafica Veneta, la Regione si prepara a consegnare alla popolazion­e altri 3 milioni di mascherine inviate dal commissari­o per l’emergenza Domenico Arcuri. Ogni famiglia ne riceverà un pacco da 50 pezzi.

Novità infine sulla riprogramm­azione di 1,8 milioni di prestazion­i specialist­iche saltate tra marzo e aprile per la sospension­e dell’attività programmat­a. «La situazione sta rientrando — annuncia Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità — dopo i primi giorni di code ai Cup e ai centri prelievi, ora quasi tutte le visite sono state riassegnat­e dai medici di base. Stanno riaprendo Pronto Soccorso, ambulatori e reparti finora chiusi per l’emergenza anche nei Covid Hospital, che però restano».

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