Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Distanze, plateatici e (tanta) burocrazia Ma le osterie del centro sono pronte a ripartire
TREVISO C’è chi si emoziona per un tramonto o per un campo di papaveri agitato dal vento. E c’è chi si emoziona vedendo la serranda di un’osteria che finalmente si alza dopo due mesi, le cucine che riprendono a fumare e profumare, i banconi che si riempiono di bottiglie. Perfino vedendo i tavoli accatastati all’interno (perché bisogna calcolare il distanziamento sociale, obbligo burocratico e nuovo ostacolo) e gli osti con la mascherina ma con la stessa verve di prima. Prima del Covid.
Perché è questa la vita di Treviso, un centro storico che si nutre di commercio e botteghe, ma soprattutto di bar e ristoranti, vita sociale in ogni angolo di strada. Ieri rivedere i locali della città che si preparano alla riapertura, quelli della chiacchiera, dell’ombra in compagnia, dell’incontro e della decantazione dopo una giornata di lavoro, è come ritrovare una Treviso rimasta sospesa ma mai scomparsa. Solo attesa. Non tutti se la sentono, «non a queste condizioni» dicono in molti, perché il dpcm è limitativo e penalizzante. Non sarà normalità, certo. Eppure a molti trevigiani basterà quella piccola, consolante conquista di quotidiana gioia.
L’osteria Arman, tra le più vecchie del centro, è pronta a partire lunedì e per ovviare al calo di coperti (si passa da 50 a 20) introdurrà il doppio turno, a pranzo e a cena: «Spero che i clienti capiscano – spiega Stefano - ma vedo che la risposta c’è già, abbiamo diverse prenotazioni fin dai primi giorni, gli amici ci sono vicini». Non sarà facile abituarsi a vedere le osterie che furono stracolme di ombre, in piedi e al tavolo, svuotate per metà. Eppure, quello che conta, sarà ritrovare l’oste: «Non vedo l’ora di riaprire, bisogna provare» dice Stefano. Gestisce anche la Terrazza San Tomaso che aprirà giovedì e da 60 posti a sedere passerà a 30: «Faremo menù usa e getta dopo l’ordinazione, ci adeguiamo a tutte le norme».
All’Osteria Ostile, Matteo e Fabrizio sono al lavoro per aprire martedì: «Stiamo pensando a come riaprire con un menù ancora più ricco, e a come sistemare i tavoli per rispettare il distanziamento richiesto». Con qualche metro in più di plateatico all’esterno (la polizia locale ha già fatto il sopralluogo) si riuscirà, all’Ostile, a mettere insieme un numero di coperti sostenibile: «Non siamo mai stati un locale sovraffollato e, se le linee guida ce lo permetteranno, riapriremo». Al centro deve rimanere la qualità: si rinuncia all’asporto se non riesce a garantire l’attenzione alla cura del piatto, del servizio, del piacere del locale. Però, dopotutto, pur di tornare in un posto in cui ci si sente a casa qualche sacrificio in code, attese e prenotazioni si fa.
Anche Muscoli riapre. «Le normative impongono regole rigide anche sui menù ma noi su questo siamo tranquilli, il nostro è su una lavagna da 17 anni – sorride Mauro -. Dovremo rinunciare a due terzi dei coperti ma cominceremo a fare il servizio per asporto. E poi vediamo come va». Perché, dopotutto, la Pescheria senza Muscoli’s cos’è? O Porta Santi Quaranta senza la Canova e il Cavallino, o vicolo Broli senza i Naneti che hanno riaperto nei giorni scorsi. All’osteria Toniolo ieri mattina il titolare Walter dipingeva il legno del nuovo plateatico, con cui recupererà un paio di tavoli. Aperti a pranzo e cena, un dipendente in meno, «ma ci proviamo».
Non riaprirà invece Toni del Spin: «Dovrei passare da 150 a 37 coperti. È impossibile, non mi viene neanche voglia di farlo, continuiamo solo col delivery». Anche l’Oca Bianca aspetta: «Stiamo valutando e aspettando le ultime indicazioni, passeremmo da 11 a 5 tavoli». La differenza, ovunque, sarà che bisogna dichiarare alla prenotazione con chi si va a mangiare. Se con un congiunto, un collega o un amico: se si vive insieme si può mangiare allo stesso tavolo, chi ha rapporti sporadici deve mantenere le distanze. Ma dopo due mesi di attesa, che vuoi che sia.
Matteo e Fabrizio Risistemeremo i tavoli, non siamo mai stati un locale sovraffollato