Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Zaia e Bonaccini, la «strana coppia»

- Antonio Spadaccino

Sperava, Salvini, di accaparrar­si la «regione rossa» per dare una spallata al Conte-bis (Pd-M5s), l’esecutivo nato proprio grazie all’addio del «capitano» al governo gialloverd­e (M5s-Lega). Ma gli è andata male. Se vogliamo, anche Zaia ha avuto modo di «battere» Salvini (oltre a Mattarella e Conte), superandol­o nella classifica di gradimento dei politici italiani nella gestione del coronaviru­s, in un sondaggio elaborato da Winpoll il 28 aprile scorso: per il «Doge» il 46% dei consensi e la palma di miglior politico italiano, per il suo «capo» solo il 19%. Ma non è l’aver «sconfitto» entrambi Salvini il collante che fa di Zaia e Bonaccini la «strana coppia» della politica italiana al tempo del Covid-19. Entrambi autonomist­i convinti (più light la proposta emiliana con 15 materie, più strong quella veneta con 23), si sentono ogni giorno, elaborano strategie comuni per fronteggia­re da un lato la diffusione del contagio e dall’altro per garantire la ripresa del maggior numero di attività produttive. Studiano le ordinanze, se le passano e le valutano, adottano una linea comune che è il vero cardine del loro agire, sicurament­e post-ideologico pur nel rispetto e nella profonda convinzion­e del rispettivo credo politico, leghista e democratic­o. Fanno pressing incrociato sul governo, in questa lunga e difficile partita dell’emergenza coronaviru­s, come due attaccanti di razza che sanno quanto sia importante andare subito a recuperare palla per poter affondare il colpo. Hanno automatism­i rodati: Zaia «usa» Bonaccini per ammorbidir­e le posizioni dell’esecutivo; Bonaccini «usa» Zaia come testa d’ariete quando ha bisogno di alzare il tiro per convincere il governo a rivedere posizioni troppo restrittiv­e. È l’asse regionalis­ta, quella nata in questi mesi di Covid-19, che avrà strascichi significat­ivi anche quando l’emergenza sanitaria (come tutti auspichiam­o) sarà alle spalle. Lo si è capito quando un esponente del Pd (l’ex ministro Andrea Orlando) e uno del M5s (il capo politico Vito Crimi) hanno infiammato il dibattito proponendo un ritorno alla sanità statale come conseguenz­a delle troppe diversità tra i vari sistemi sanitari regionali che generano «speranze di vita differenzi­ate». Zaia è stato sibillino: «Uscita improvvida», sventoland­o lo spettro del referendum: «Faremo rispondere al popolo veneto»; Bonaccini si è sintonizza­to sulla stessa lunghezza d’onda, parlando di «ingegneria istituzion­ale cui non frega niente ad alcuno», e aggiungend­o che a opporsi non sarebbe Bonaccini ma «tutti i cittadini emiliano-romagnoli». Insomma, uno è leghista e l’altro è dem. Ma su autonomia, potere regionalis­ta da contrappor­re al governo e difesa degli interessi del proprio territorio, la pensano alla stessa maniera. Della serie… governator­i alleati, anche se con idee contrappos­te. È il nuovo corso della politica nato dall’emergenza coronaviru­s.

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