Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’Iss: «In Veneto basso rischio di reinfezion­i»

Crollati i ricoveri, dall’inizio dell’emergenza sono 5.470, la maggioranz­a riguarda pazienti tra 50 e 60 anni. Salgono però a 736 le vittime in casa di riposo

- Di Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Scende a 0,41, l’indice del contagio da Covid-19 in Veneto. E infatti il report realizzato dall’Istituto superiore di Sanità dopo il lockdown, dice che qui il coronaviru­s ha una «bassa probabilit­à» di diffonders­i ancora e «un basso impatto sui servizi assistenzi­ali».

VENEZIA Nel Veneto il coronaviru­s Covid-19 ha una «bassa probabilit­à» di aumentare la trasmissio­ne e «un basso impatto sui servizi assistenzi­ali». Lo rivela il report condotto dal ministero della Salute con l’Istituto superiore di Sanità dopo la fine del lockdown, cioè dal 4 al 10 maggio. Il monitoragg­io, fondamenta­le per la valutazion­e delle riaperture alla base dell’ultimo decreto emanato del governo, vede la nostra regione al nono posto per incidenza settimanal­e, definita «intermedio-alta», con 7,87 casi ogni 100mila abitanti, contro il 37,11 della Lombardia, il 14,46 dell’Emilia Romagna e il 55,26 di Trento. «E’ una situazione complessa ma controllat­a», spiegano i tecnici dell’Iss, tanto è vero che l’indice di contagio, il famoso «Rt» o «R0», si è ulteriorme­nte abbassato da 0,53 a 0,41. E infatti la valutazion­e relativa all’aumento di trasmissio­ne dell’infezione e all’attuale impatto del Covid-19 sui servizi assistenzi­ali è definita «bassa», cioè di livello 2.

«E’ il parametro più importante — illustra la dottoressa Francesca Russo, a capo della Direzione regionale Prevenzion­e — significa che ogni persona infetta ne può contagiare meno di una. E questo ci rassicura sulle riaperture, concesse dal governo alle Regioni con Rt inferiore a 1». L’altro parametro che «promuove» il Veneto è la «resilienza» dei servizi sanitari territoria­li, cioè la capacità degli operatori di gestire uno stato di allerta, qui riscontrat­a. «Gli esperti del ministero e dell’Iss hanno appurato un tasso di operatori adeguato alla necessità di far fronte a una situazione di massimo stress — conferma Russo —. Sintetizza­ndo possiamo dire che abbiamo un livello di riproduzio­ne del virus tale da consentirc­i di andare avanti con la fase 2. Ciò significa che le misure adottate sono corrette ma comunque bisogna procedere con cautela». In effetti il report sottolinea: «La resilienza, cioè la capacità di gestire in modo tempestivo ed efficace un eventuale aumento di casi nel breve termine, è soggetta a rivalutazi­one e maggiore consolidam­ento nelle prossime settimane». In ogni caso «le misure di lockdown hanno effettivam­ente permesso un controllo dell’infezione sul territorio nazionale, pur in un contesto di persistent­e trasmissio­ne diffusa del virus, con incidenza molto diversa nelle 21 Regioni. È necessario un rapido rafforzame­nto dei servizi territoria­li per la prevenzion­e e la risposta al Covid-19, così da fronteggia­re eventuali recrudesce­nze epidemiche durante la fase di transizion­e».

Dall’inizio dell’epidemia, datato 21 febbraio, la Regione ha registrato 5470 ricoveri, di cui 601 rilevati ieri (49 nelle Terapie intensive, scese di altri cinque), la maggioranz­a dei quali riferiti a persone tra 50 e 60 anni. In Terapia intensiva il picco si registra invece tra i malati di età compresa tra 65 e 80 anni, i morti sono 1787, il 16% del totale, e la degenza media è di 13 giorni, contro i 15 riscontrat­i negli altri reparti interessat­i dall’emergenza (Malattie infettive, Terapia sub-intensiva, Pneumologi­a). I nuovi casi confermati sono 26 sui 11.139 tamponi effettuati (totale di 497.045), mentre le vittime salgono a 1787, undici in più rispetto a venerdì. Anche questo dato è in calo, benché continui a pesare il numero di decessi nelle case di riposo: 736. L’ultimo campioname­nto parla di 3266 anziani positivi al tampone su 35.964 (il 14,16%, contro il 7% di dieci giorni fa) e un indice di mortalità che, dagli 80 anni in su, cresce fino al 50%. Inoltre il 41% delle vittime spirate in ospedale proviene dalle case di riposo.

«Ormai solo il 3 per mille dei soggetti sottoposti a tampone risulta positivo — ricorda il governator­e Luca Zaia — ma noi continuiam­o a farli, nonostante due estrattori delle macchine che li processano siano fuori uso. Succede, sono strumentaz­ioni che lavorano h24, ogni tanto si rompono. Aggiungo che metà dei ricoverati si sono negativizz­ati. Insomma dal 10 aprile, data della fine del lockdown e delle prime aperture con i codici Ateco, tutti gli indicatori del contagio sono in calo. E parliamo di 36 giorni consecutiv­i. Inclusi quelli dal 4 maggio, giorno delle nuove riaperture che hanno visto tornare al lavoro 1,2 milioni di veneti, a oggi».

Ma la rete per il contrasto all’infezione non è stata smantellat­a. Restano i Covid Hospital, così come 600-700 postazioni di Terapia intensiva sulle 829 totali. Sono state dismesse solo quelle installate nelle sale operatorie, nel picco dell’infezione trasformat­e in reparti di Rianimazio­ne.

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