Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’Iss: «In Veneto basso rischio di reinfezioni»
Crollati i ricoveri, dall’inizio dell’emergenza sono 5.470, la maggioranza riguarda pazienti tra 50 e 60 anni. Salgono però a 736 le vittime in casa di riposo
VENEZIA Scende a 0,41, l’indice del contagio da Covid-19 in Veneto. E infatti il report realizzato dall’Istituto superiore di Sanità dopo il lockdown, dice che qui il coronavirus ha una «bassa probabilità» di diffondersi ancora e «un basso impatto sui servizi assistenziali».
VENEZIA Nel Veneto il coronavirus Covid-19 ha una «bassa probabilità» di aumentare la trasmissione e «un basso impatto sui servizi assistenziali». Lo rivela il report condotto dal ministero della Salute con l’Istituto superiore di Sanità dopo la fine del lockdown, cioè dal 4 al 10 maggio. Il monitoraggio, fondamentale per la valutazione delle riaperture alla base dell’ultimo decreto emanato del governo, vede la nostra regione al nono posto per incidenza settimanale, definita «intermedio-alta», con 7,87 casi ogni 100mila abitanti, contro il 37,11 della Lombardia, il 14,46 dell’Emilia Romagna e il 55,26 di Trento. «E’ una situazione complessa ma controllata», spiegano i tecnici dell’Iss, tanto è vero che l’indice di contagio, il famoso «Rt» o «R0», si è ulteriormente abbassato da 0,53 a 0,41. E infatti la valutazione relativa all’aumento di trasmissione dell’infezione e all’attuale impatto del Covid-19 sui servizi assistenziali è definita «bassa», cioè di livello 2.
«E’ il parametro più importante — illustra la dottoressa Francesca Russo, a capo della Direzione regionale Prevenzione — significa che ogni persona infetta ne può contagiare meno di una. E questo ci rassicura sulle riaperture, concesse dal governo alle Regioni con Rt inferiore a 1». L’altro parametro che «promuove» il Veneto è la «resilienza» dei servizi sanitari territoriali, cioè la capacità degli operatori di gestire uno stato di allerta, qui riscontrata. «Gli esperti del ministero e dell’Iss hanno appurato un tasso di operatori adeguato alla necessità di far fronte a una situazione di massimo stress — conferma Russo —. Sintetizzando possiamo dire che abbiamo un livello di riproduzione del virus tale da consentirci di andare avanti con la fase 2. Ciò significa che le misure adottate sono corrette ma comunque bisogna procedere con cautela». In effetti il report sottolinea: «La resilienza, cioè la capacità di gestire in modo tempestivo ed efficace un eventuale aumento di casi nel breve termine, è soggetta a rivalutazione e maggiore consolidamento nelle prossime settimane». In ogni caso «le misure di lockdown hanno effettivamente permesso un controllo dell’infezione sul territorio nazionale, pur in un contesto di persistente trasmissione diffusa del virus, con incidenza molto diversa nelle 21 Regioni. È necessario un rapido rafforzamento dei servizi territoriali per la prevenzione e la risposta al Covid-19, così da fronteggiare eventuali recrudescenze epidemiche durante la fase di transizione».
Dall’inizio dell’epidemia, datato 21 febbraio, la Regione ha registrato 5470 ricoveri, di cui 601 rilevati ieri (49 nelle Terapie intensive, scese di altri cinque), la maggioranza dei quali riferiti a persone tra 50 e 60 anni. In Terapia intensiva il picco si registra invece tra i malati di età compresa tra 65 e 80 anni, i morti sono 1787, il 16% del totale, e la degenza media è di 13 giorni, contro i 15 riscontrati negli altri reparti interessati dall’emergenza (Malattie infettive, Terapia sub-intensiva, Pneumologia). I nuovi casi confermati sono 26 sui 11.139 tamponi effettuati (totale di 497.045), mentre le vittime salgono a 1787, undici in più rispetto a venerdì. Anche questo dato è in calo, benché continui a pesare il numero di decessi nelle case di riposo: 736. L’ultimo campionamento parla di 3266 anziani positivi al tampone su 35.964 (il 14,16%, contro il 7% di dieci giorni fa) e un indice di mortalità che, dagli 80 anni in su, cresce fino al 50%. Inoltre il 41% delle vittime spirate in ospedale proviene dalle case di riposo.
«Ormai solo il 3 per mille dei soggetti sottoposti a tampone risulta positivo — ricorda il governatore Luca Zaia — ma noi continuiamo a farli, nonostante due estrattori delle macchine che li processano siano fuori uso. Succede, sono strumentazioni che lavorano h24, ogni tanto si rompono. Aggiungo che metà dei ricoverati si sono negativizzati. Insomma dal 10 aprile, data della fine del lockdown e delle prime aperture con i codici Ateco, tutti gli indicatori del contagio sono in calo. E parliamo di 36 giorni consecutivi. Inclusi quelli dal 4 maggio, giorno delle nuove riaperture che hanno visto tornare al lavoro 1,2 milioni di veneti, a oggi».
Ma la rete per il contrasto all’infezione non è stata smantellata. Restano i Covid Hospital, così come 600-700 postazioni di Terapia intensiva sulle 829 totali. Sono state dismesse solo quelle installate nelle sale operatorie, nel picco dell’infezione trasformate in reparti di Rianimazione.