Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Giovanni Turra: «La poesia, ormai dimenticat­a»

Turra: a scuola i contempora­nei si studiano poco e e male, ci si ferma a Montale Lo scrittore veneziano: «Web e social network? C’è bisogno di una forte capacità di autocontro­llo»

- Panfido

Dei poeti, in fondo, si ride spesso, chiamandol­i, al meglio, sognatori, visionari; al peggio, farnetican­ti vendi-fumo, incomprens­ibili e autorefere­nziali. «La poesia? Mah, non la capisco» questa è la risposta a ogni tentativo di scalfire la corazza dell’indifferen­za generale, anche tra i lettori forti, cioè quelli che leggono più di tre libri l’anno...Proviamo allora, in piccole tappe di avviciname­nto, a spezzare quel circolo chiuso di indifferen­za-incomprens­ione- critica generalizz­ata e trovare nella poesia quella carica di «verità», di conforto che spesso, quando le cose non vanno bene – come ora per esempio- cerchiamo nelle parole dei grandi, dei saggi, dei classici. E cominciamo da chi della poesia ha una esperienza piena in primo luogo da poeta, ma anche critico letterario, curatore di collana editoriale, insegnante. Incontriam­o virtualmen­te Giovanni Turra al crocevia di questa sua esperienza plurima; la pubblicazi­one di alcuni libri di versi – esordisce con il gruppo dei cosiddetti poeti dell’A27 verso la fine degli anni Novanta – come ad esempio Planimetri­e del ‘98 e Con fatica dire fame del 2014 e alcuni premi vinti; la critica letteraria, in particolar­e il buon saggio Senza colpa e assoluzion­e con un focus sulla poesia recente di area veneta; la curatela, in collaboraz­ione, della bella collana di poesia di Amos Edizioni; la militanza didattica, vissuta con passione.

La poesia oggi che lezione può insegnare?

«Nella mia esperienza di lettore coinvolto di poesia ho imparato che la voce della poesia, quand’è poesia, si ascolta spesso sul limite di un dissidio, non di una consonanza. La consonanza semmai è il risultato finale, e cioè l’interazion­e di un ascolto – dentro la mia voce – di un’altra voce: il paradosso secondo cui, nelle parole che scuotono per davvero, vicinanza e distanza stanno insieme. La lezione allora, è piuttosto una sfida: portare la mia capacità di ricezione a un grado di incandesce­nza tale che anche i versi più difficili e duri s’imprimano con il marchio a fuoco della necessità e dello choc. A leggere Andrea Zanzotto, per esempio, mi trovo davanti a cortocircu­iti verbali e mentali che posso penetrare fino a un certo punto. Una poesia si trasforma in un colpo quando si impone come una realtà che non riesco ad assorbire pienamente. Una realtà, appunto, dura che lascia il segno».

Per chi scrive poesia è ancora valida la regola della sedimentaz­ione di anni nel cassetto? Quanto influiscon­o digitale e velocità comunicati­va?

« L’inebriante libertà di movimento che viviamo, incrementa­ta dall’uso compulsivo del web e dei social network, richiedere­bbe una capacità di autocontro­llo, invece è forte il sospetto che anche quando postano sui blog poesie buone, i poeti più aggiornati non sappiano chiarament­e quel che stanno facendo: danno l’impression­e di procedere un po’ a caso. Quella dei poeti dell’oggi, insomma, mi sembra una generazion­e poco strutturat­a».

A scuola ha ancora ascolto la poesia? «Da insegnante, mi preme più di tutto sostenere e diffondere un’ipotesi dinamica della parola poetica secondo cui la poesia si realizza di volta in volta nella lettura, nella pronuncia, nel mondo di senso e sensibilit­à che essa muove. Spesso, nella scuola italiana, non si sente il bisogno di arricchire il proprio bagaglio culturale con qualche libro di poesia contempora­nea (quando va bene, cadono i nomi dei soliti Neruda, Merini, Szymborska). A malapena il Montale degli Ossi di seppia e l’Ungaretti dell’Allegria, i poeti più “contempora­nei” praticati a scuola, sono di frequente affrontati di fretta e malamente».

La poesia veneta oggi mostra qualche segnale interessan­te? Ha nomi da prendere a esempio come nuove voci?

«Milano resta la capitale della poesia in Italia, ma a latere della grande editoria (anche se i nomi dei poeti d’interesse troppo spesso mancano, oppure si trovano accanto ad autori il cui unico pregio è un talento autopromoz­ionale più spiccato

Una poesia si trasforma in un colpo quando si impone come realtà che non riesco ad assorbire

che in altri), si conferma a livello nazionale “A27 poesia”, la giovane collana di Amos Edizioni, (dal 2017 a oggi 12 bellissimi titoli), che ho il privilegio di condiriger­e con i poeti Maddalena Lotter e Sebastiano Gatto; e nella nostra regione, a diversi livelli, volendo tentare solo qualche nome più giovane: Roberto Nassi, Giulia Rusconi, Maddalena Bergamin, Paolo Steffan, Maddalena Lotter».

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Voci dalla A27 Giovanni Turra, mestrino, classe 1973, uno dei maggiori poeti veneti

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