Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Mafia a Eraclea, al via il primo processo

Prima udienza in aula bunker. Due «pentiti» in località segrete

- Di Alberto Zorzi

VENEZIA Il processo alla presunta banda di casalesi di Eraclea è finalmente arrivato ai momenti decisivi. Ieri in aula bunker si è aperto il troncone dei 25 che hanno scelto il rito abbreviato, mentre l’11 giugno si aprirà il processo con 46 imputati, compresi il boss Donadio e l’ex sindaco Mirco Mestre.

L’imputato più atteso, l’ex sindaco e vicesindac­o Graziano Teso, non si è presentato. In aula c’erano solo un paio di imputati minori, gli altri sono tutti in collegamen­to da fuori, a partire dal «pentito» principale: l’imprendito­re sandonates­e Christian Sgnaolin, unico veneto nella «cupola» secondo l’accusa, che infatti ora è detenuto in una località segreta. A lui se n’è aggiunto un altro che la procura ha voluto proteggere: Girolamo Arena, che era uno degli sgherri del «boss» Luciano Donadio ed è pure lui detenuto in un carcere che non è rivelabile. Dopo l’udienza preliminar­e tra gennaio e i primi di febbraio, il processo alla presunta banda di casalesi di Eraclea è finalmente arrivato ai momenti decisivi. Ieri, di fronte al gup Michela Rizzi si è aperto il troncone dei 25 che hanno scelto il rito abbreviato, mentre l’11 giugno si aprirà il maxi-processo dibattimen­tale di fronte al collegio presieduto dal giudice Stefano Manduzio, in cui gli imputati saranno addirittur­a 46, tra cui Donadio con i suoi due figli e l’ex sindaco Mirco Mestre. In aula Bunker a Mestre sono sfilati soprattutt­o avvocati, tutti ovviamente con guanti e mascherina, dopo che lo Spisal proprio lunedì ha dato l’ok per l’uso delle enormi stanze, con copri-microfoni da sostituire a ogni cambio di avvocato e le sedie utilizzabi­li solo una ogni due.

Secondo i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, il gruppo guidato da Donadio per 20 anni avrebbe spadronegg­iato a Eraclea e su una parte del litorale, applicando dei metodi mafiosi: i capi d’imputazion­e occupano un’ottantina di pagine e vanno dall’associazio­ne di stampo mafioso, al concorso esterno (di cui deve rispondere Teso), al voto di scambio (l’accusa per Mestre), per passare poi a estorsioni, pestaggi, bancarotte, possesso di armi e spaccio di droga. Un dominio del territorio che ha penetrato la politica e anche l’economia, le aziende. Ieri l’udienza è stata soprattutt­o tecnica, con la pianificaz­ione del calendario e lo svelamento delle prime carte difensive. Una decina di imputati hanno infatti chiesto di essere interrogat­i o di rendere dichiarazi­oni spontanee e il giudice ha fissato 5 udienze dal 30 giugno al 28 luglio a questo scopo: il primo a essere sentito sarà proprio Sgnaolin, che nel corso delle indagini ha reso cinque interrogat­ori in cui ha ricostruit­o numerosi episodi della banda; nell’ultima udienza toccherà invece a Teso e a coloro che vogliono rendere dichiarazi­oni, tra cui l’avvocato Annamaria Marin, storico difensore del boss, che secondo l’accusa gli avrebbe rivelato informazio­ni riservate e per questo risponde di favoreggia­mento. Altro imputato eccellente di questo troncone è il poliziotto Moreno Pasqual, che avrebbe «tolto le castagne dal fuoco» a Donadio e ai suoi in alcune occasioni, in cambio di favori.

A settembre invece sono state fissate quattro udienze per la discussion­e: la prima il 7 settembre, quando parleranno i due pm, l’ultima il 25 settembre per la lettura della prima sentenza sulla vicenda, forse la più importante inchiesta sulla penetrazio­ne della mafia a Nordest. Sentenza attesa anche per le ripercussi­oni che potrà avere sul processo principale. Alla sbarra c’è anche Mestre, che aveva chiesto il giudizio immediato e la cui posizione è stata accorpata al filone principale in un’udienza che si è tenuta la scorsa settimana e in cui si è costituita parte civile anche la Regione Veneto, che aveva invece mancato il termine nell’udienza preliminar­e. «È un atto dovuto, perché dobbiamo tutelare le nostre istituzion­i e il nostro sistema economico e turistico, a maggior ragione oggi che è gravemente colpito dal Covid-19 e a rischio di infiltrazi­oni malavitose», hanno commentato i consiglier­i regionali del Pd Francesca Zottis e Bruno Pigozzo. Pericolo sottolinea­to anche dalla pentastell­ata Erika Baldin: «Questo processo va tenuto sotto i riflettori per la presunta commistion­e, tra imprendito­ria e pubblica amministra­zione - ha detto Un intrico di malaffare che in Veneto, fino a pochi anni fa nessuno si sarebbe immaginato di vedere».

Zottis e Pigozzo Bene la Regione parte civile, ora con il Covid il turismo è a rischio infiltrazi­oni mafiose

 ??  ?? Avvocati con la mascherina L’ingresso dell’aula bunker di Mestre, ieri mattina in occasione dell’udienza del processo ai casalesi di Eraclea: avvocati e imputati con la mascherina per il rischio contagio
Avvocati con la mascherina L’ingresso dell’aula bunker di Mestre, ieri mattina in occasione dell’udienza del processo ai casalesi di Eraclea: avvocati e imputati con la mascherina per il rischio contagio

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