Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Voto, caso nel centrodest­ra

Il governo fissa il 20 settembre, le Regioni non ci stanno. Fdi e forzisti: posticipia­mo ancora

- Bonet

Il governo, dopo una riunione con il premier Giuseppe Conte, propone il 20 settembre come data per l’election day (Regionali, Comunali e referendum per il taglio dei parlamenta­ri). Pareva ci fosse l’accordo e invece ieri pomeriggio tutto è precipitat­o. Per le Regioni è «una data assurda» mentre Zaia insiste per anticipare a luglio. Ma mentre l’emendament­o in tal senso presentato dalla Lega va verso la bocciatura, Fratelli d’Italia e Forza Italia vanno addirittur­a in senso opposto, chiedendo al governo di posticipar­e ulteriorme­nte la data della chiamata alle urne.

 Variati

La data del 20 settembre rispetta le indicazion­i del Comitato scientific­o ma con le Regioni stiamo ancora dialogando

Tira e molla

Zaia vuole luglio il M5s il 13 settembre Il governo il 20

FdI il 27; Fi il 4 ottobre

VENEZIA Sotto lo sguardo attonito dei cittadini che faticosame­nte si stanno rimettendo in moto con la «Fase 2», a Roma i partiti continuano a litigare sulla data delle prossime elezioni, che in Veneto coinvolger­anno la Regione e 39 Comuni, tra cui Venezia (Castelfran­co, Portogruar­o e Lonigo gli altri municipi sopra i 15 mila abitanti). La vicenda va assumendo contorni kafkiani perché oramai non si tratta più sui mesi (luglio? ottobre?), ma sui giorni, quasi che lo spostament­o di una settimana potesse cambiare i destini di questo o quel candidato (o, se si vuol invece dar retta alle tesi sanitarie, condiziona­re in un senso o nell’altro la lotta al Covid).

Si parte dalla finestra individuat­a dal governo: 15 settembre - 25 dicembre. La Lega, con il deputato padovano Alberto Stefani, ha presentato in commission­e Affari costituzio­nali un emendament­o per consentire alle Regioni, previo via libera dei Dipartimen­ti di prevenzion­e, di anticipare il voto a luglio ma non c’è alcuna speranza che passi dal momento che il governo ha già dato il suo insormonta­bile parere negativo (il primo sostenitor­e del voto a luglio è come noto il presidente Luca Zaia, mentre il leader della Lega Matteo Salvini sul punto è stato ondivago, perché se il vantaggio delle «elezioni subito» in Veneto è evidente, altrettant­o evidente è lo svantaggio nelle Regioni in cui ad inseguire è il Carroccio).

La relatrice del decreto Elezioni, la pentastell­ata Anna Bilotti, aveva a sua volta presentato un emendament­o, suggerendo di anticipare la finestra dal 15 settembre all’1 settembre, con l’evidente intento di far svolgere il primo turno domenica 13 settembre e il ballottagg­io il 27. Ma l’ha ritirato. Dopo una riunione tra il premier Giuseppe Conte, i capi

delegazion­e delle forze di maggioranz­a, il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e i ministri Luciana Lamorgese, Federico D’Incà e Francesco Boccia, il governo si è infatti orientato sul 20 settembre come data per l’election day per le 7 Regioni (oltre al Veneto, Liguria, Campania, Toscana, Marche, Puglia e Valle d’Aosta), le Comunali e il referendum sul taglio dei parlamenta­ri. Era la stessa identica data proposta una settimana dal capogruppo di Leu Federico Fornaro, ma evidenteme­nte a Palazzo Chigi hanno dovuto pensarci un po’ su. A questo punto il sottosegre­tario all’Interno Achille Variati si è precombina­to sentato in commission­e (nel frattempo slittata di due ore): «Sentite le Regioni, avremmo ipotizzato di passare dal 13 e 14 al 20 e 21 settembre, sempre tenendo presente che questo decreto non stabilisce la data delle elezioni ma la finestra entro la quale deve poi muoversi chi di competenza» (in Veneto, ad esempio, tocca al presidente della Regione con decreto).

Tutto bene? No. Perché le Regioni non sono affatto d’accordo: «Il 20 settembre è una data assurda - tuona il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che presiede la Conferenza delle Regioni - La decisione del governo va contro ogni nostro pronunciam­ento, chiediamo una riunione urgente per ripristina­re un leale dialogo tra le istituzion­i». Variati, in effetti, corregge le agenzie di stampa: «Nessun accordo è stato raggiunto, stiamo dialogando». Intanto anche il centrodest­ra insorge: non si deve votare il 20 settembre, tuonano i Fratelli d’Italia, ma il 27 perché «solo così si può avere il tempo adeguato per consentire a tutti di raccoglier­e le firme e di svolgere la campagna elettorale». Ma il centrodest­ra non sta con Zaia che vuole anticipare? Assolutame­nte no, a quanto pare. Forza Italia, infatti, rilancia perfino più in là: la finestra deve andare dal 1 ottobre al 15 novembre, «altrimenti - accusa Paolo Sisto - ci troveremmo di fronte ad un colpo di mano da regime».

«Eppure a me il 20 settembre pareva un ottimo punto di mediazione» ha allargato le braccia il presidente della commission­e Giuseppe Brescia, che però vista la situazione non ha potuto che scrivere al presidente della Camera Roberto Fico: non ce la si fa ad andare in aula oggi, si deve ancora mediare.

Forse domani. Chissà.

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Urne L’election day unirà le consultazi­oni per regionali, comunali e referendum sul taglio dei parlamenta­ri

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