Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La battuta di Lorenzoni «Crisanti al mio posto»
Una battuta di Lorenzoni su Crisanti candidato diventa un caso politico. Calenda intanto lo «scarica».
VENEZIA Una battuta, forse mal riuscita, di sicuro mal interpretata, si è tramutata ieri nel caso politico del giorno. Ospite di Antenna Tre, il candidato del centrosinistra alle Regionali Arturo Lorenzoni ha così risposto ad una domanda sibillina sulla possibile candidatura contro Luca Zaia di Andrea Crisanti, il direttore del laboratorio di Microbiologia di Padova diventato un celebrità della lotta al coronavirus: «Se Crisanti vuol candidarsi, gli lascio volentieri spazio. Credo abbia cose più importanti da fare, sarebbe una perdita per tutti se abbandonasse il suo settore. Ma se desse la disponibilità a mettersi in gioco io sarei felice, sarebbe una cosa straordinaria per la nostra regione».
Ora, che Lorenzoni stesse ragionando per assurdo su una suggestione (ma in politica mai dire mai!) era evidente. E però i leghisti, politicamente più scafati del leader del «Veneto che vogliamo», ne hanno subito approfittato per gridare al ritiro, maramaldeggiare sulle difficoltà della sua campagna elettorale e accusarlo di strumentalizzare l’inconsapevole Crisanti, forse in questi giorni contrapposto a Zaia più di quanto non volesse davvero. «Lorenzoni abdica, il Pd è senza candidato» sentenzia Silvia Rizzotto, capogruppo della lista Zaia. «Ciò Lorenzoni, ma ghetu voja de candidarte o no? Cosa vuole dire: ben felice di lasciare il posto a Crisanti?» domanda sardonico l’assessore Roberto Marcato. Si gonfia una bolla che i dem liquidano come «idiozie» ma che pure costringe Lorenzoni ad intervenire con una nota chiarificatrice («Zaia e i suoi stiano tranquilli: nessuno abdica»), provando a colpire di rimessa: «Sono giochetti di potere tra correnti di partito. Zaia manovra per assumere la leadership della Lega ed estromettere Salvini dalla corsa a premier, mentre i leghisti tentano di spostare l’attenzione dalla macchina del fango scatenata contro Crisanti, colpevole di aver detto la verità su quanto successo in Veneto».
Ora il fatto che un episodio ai limiti dell’incredibile finisca per generare un dibattito serio, rivela però il clima che si respira attorno al candidato di Pd, LeU e reti civiche, già partito in salita e poi messo in difficoltà dalla straordinaria visibilità acquisita da Zaia con la gestione dell’emergenza Covid. Che una parte del Pd continui a sognare (e in segreto a lavorare) per il suo ritiro è cosa nota, anche se sarebbe clamoroso visto l’appoggio ricevuto dai tre sottosegretari Martella, Variati, Baretta, e difatti viene dato per «impossibile». È certo, invece, che Calenda non lo sosterrà: l’ex ministro, che pure lo aveva elogiato durante la sua visita a Padova, ha deciso di sfilarsi dopo alcune «incomprensioni» sulle liste. I «calendiani» volevano infatti entrare nella lista del presidente, come avvenuto in Emilia Romagna;
Lorenzoni ha spiegato loro che la lista del presidente è, di fatto, «il Veneto che vogliamo», ritenuta però da Azione troppo sbilanciata a sinistra, espressione dell’ala più radicale della coalizione. E quindi non se ne fa niente. Calenda, a questo punto, difficilmente si presenterà in Veneto (circostanza che ha convinto Federico Vantini, uno dei suoi principali luogotenenti, ad andarsene), avendo posto un veto insuperabile pure sull’alleanza con «l’inaffidabile» Renzi. Italia Viva, che da subito ha intrapreso la corsa solitaria, spera ancora ci ripensi e carezza l’idea di dar vita al «polo riformista e moderato» capitanato dall’imprenditore Alberto Baban, vicino proprio a Calenda. Se così non fosse, grazie alla riduzione delle firme necessarie per la presentazione delle liste ottenuta da Davide Bendinelli con un emendamento alla Camera, Renzi farebbe da sé. La sfidante di Zaia, in questo caso, sarebbe la consigliera regionale uscente Orietta Salemi.
Renzi va da solo Italia Viva spera di chiudere su Baban ma Azione dice no Cresce l’ipotesi Salemi