Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Fobie, risse, sfottò La vita in carcere di Felice Maniero «Trasferitemi»
Impaurito, stanco, instabile. Così viene descritto l’ex boss Felice Maniero che, in carcere a Voghera, si sta mettendo nei guai. «Trasferitemi».
VOGHERA (PAVIA) Felice Maniero sull’orlo di una crisi di nervi. Lui, che quando era il capo indiscusso della Mala del Brenta comandava su centinaia di banditi e spacciatori, oggi viene descritto come un uomo spaventato, stanco, instabile.
Arrestato nell’ottobre dello scorso anno con l’accusa di aver maltrattato e umiliato la compagna di una vita, portato in prigione a Bergamo e poi in quella di Voghera, Faccia d’Angelo dice di non sapere quanto potrà ancora reggere.Nei giorni scorsi, parlando agli investigatori dell’Antimafia - a quanto pare l’ex boss sa ancora un sacco di cose che interessano agli investigatori - ha chiesto espressamente di essere trasferito in un’altra struttura penitenziaria, suggerendone due: una in Piemonte e una in Lombardia. «Non ce la faccio più a rimanere qui - ha spiegato - vi prego, portatemi via».
Che per Felice Maniero le cose a Voghera non stiano andando per il verso giusto, lo dimostrano le informative spedite dalla direzione carceraria alla procura e finite anche nel fascicolo del processo per maltrattamenti in corso a Brescia, che la prossima settimana potrebbe chiudersi con una dura condanna. L’ennesima annotazione è arrivata al giudice Roberto Spanò appena martedì, proprio in occasione dell’ultima udienza, quando il pubblico ministero ha chiesto per Felicetto dieci anni di carcere (ridotti a sei anni e otto mesi per lo sconto di pena previsto dal rito abbreviato). Si tratta di un nuovo richiamo disciplinare, per una lite.
Finora c’erano stati almeno altri due episodi, uno dei quali l’aveva fatto finire in regime di isolamento. A febbraio si era scontrato con un compagno di detenzione, rimediando un occhio nero e una denuncia per sequestro di persona, visto che l’altro lo accusa di averlo rinchiuso in cella contro la sua volontà. Maniero, a sua volta, ha presentato una controquerela raccontando di aver chiesto ripetutamente al detenuto di abbassare il volume della radio ma questo non solo non gli ha dato retta («Faccio quello che voglio», gli avrebbe risposto) ma l’ha pure aggredito. È finita con Felicetto sbattuto in cella di isolamento e il suo «avversario» trasferito a Campobasso.
È forse uno dei momenti più bui della vita di Faccia d’Angelo. «Mi sfottono e non hanno rispetto: dicono che sono vecchio e che, dopo aver evitato il carcere per gli omicidi, mi sono lasciato incastrare da una donna», ha confidato al suo avvocato Luca Broli.
Sia chiaro: la struttura di massima sicurezza di Voghera è stata la «casa» di pericolosi assassini e mafiosi del calibro del boss Pino Sansone, amico di Totò Riina accusato di voler riorganizzare Cosa Nostra. Insomma, malviventi che non si spaventano facilmente, neppure di fronte al curriculum criminale di Maniero.
La richiesta di essere trasferito altrove, però, nasce soprattutto da altri fattori. La paura di ammalarsi, per cominciare. L’ex capo della Mala del Brenta due mesi fa ha scritto all’Ansa: «Il carcere di Voghera è al limite del collasso, noi siamo senza protezioni e a perenne rischio contagio». Il riferimento, ovviamente, è al coronavirus che proprio in quella prigione ha già ucciso un detenuto. «Dopo le reiterate richieste - ha scritto - ci è ancora vietato, da oltre due mesi, di utilizzare un disinfettante efficiente». Ironia della sorte, tra le note disciplinari inviate al tribunale di Brescia ci sarebbe anche quella che lo accusa di aver spinto alcuni detenuti alla rivolta proprio contro il rischio-contagio.
Le risse, gli scatti d’ira per le prese in giro, il timore delle malattie. Nell’udienza di martedì ha accusato il giudice di averlo «bullizzato» per il solo fatto d’aver ventilato l’ipotesi di sottoporlo a una perizia psichiatrica dopo aver letto i certificati medici che erano stati consegnati dal suo difensore allo scopo di far comprendere, proprio al magistrato, i motivi che stanno alla base del suo comportamento carcerario. E allora, in fondo, tutto sarebbe riconducibile a un disagio più profondo: «Ho bisogno di aiuto e qui non mi curano», ha confidato al suo legale.
«Da parecchio tempo, ben prima dell’arresto, Maniero sta combattendo contro uno stato di grave fragilità psicologica che pochi anni fa l’ha portato perfino a un ricovero in ospedale», ricorda l’avvocato Broli. «In carcere ha chiesto di incontrare uno specialista, di essere visitato e di avere i farmaci che lo aiutano a controllare il tono dell’umore. Ma finora, mi assicura, non gli è stato concesso nulla. E senza le cure di cui ha bisogno, Maniero sa che rischia di cacciarsi nei guai». Da qui la richiesta di poter lasciare Voghera. «La patologia è certificata - conclude il difensore - e ho consegnato ai magistrati tutta la documentazione medica. Ora, gli resta solo la speranza è di essere trasferito al più presto in una struttura adeguata ad affrontare i problemi di cui soffre».