Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Consulenti, un mondo ko «Le risposte del governo non sono soddisfacenti»
PADOVA In un’economia matura rappresentano una buona fetta del tessuto imprenditoriale (ben oltre il 20%, per stare al dato nostrano), eppure le società dei servizi e del terziario innovativo si sentono dimenticate e neglette in questa fase di post-pandemia. «Per essere chiari - sintetizza Nicola Bertin (nella foto), presidente del gruppo tematico costituito all’interno di Confcommercio Padova - le imprese dei servizi, in questo momento, sono il figlio povero della categoria e stanno soffrendo tantissimo, proprio perché lavorano con e per le altre imprese».
In questo variegato microcosmo, infatti, rientrano numerose figure della consulenza aziendale - studi professionali, società di engineering e dell’informatica, specialisti della comunicazione e del marketing digitale, agenzie di assicurazione - ma anche dei trasporti, della logistica e, in generale, del supporto alle imprese. Bertin, che di professione è consulente specializzato nella ricerca e valutazione del personale, è andato a scavare nel disagio dei suoi colleghi, attraverso un sondaggio interno che ha restituito risultati senza appello: «La scontentezza per i provedimenti assunti dal governo a sostegno del tessuto economico è chiara e netta. Le politiche di aiuto alle imprese - accusa Bertin - sono fuori dalla realtà e, per di più, introducono sempre nuovi elementi di aggravio burocratico». Alla domanda cruciale del sondaggio - Cosa ne pensi del decreto del governo fatto per aiutare le piccole imprese? - la risposta dei professionisti della consulenza è lapidaria: nessuno degli intervistati si è dichiarato pienamente soddisfatto, pochissimi lo sono stati solo in parte e una larghissima maggioranza ha scelto l’opzione «assolutamente non soddisfatto».
Che cosa è mancato, più di ogni altra cosa, nell’azione di sostegno del governo? Da Bertin arriva una risposta secca, che fa sintesi dell’opinione espressa da moltissimi suoi colleghi: «Per le imprese come le nostre serviva soprattutto l’introduzione dei crediti d’imposta: un sistema semplice da applicare e che avrebbe restituito liquidità alle nostre società. Ma questi signori del governo non badano alla voce degli operatori del settore, preferiscono chiamare esperti su esperti senza ascoltare chi opera sul campo». Le previsioni degli interessati per l’immediato futuro, infatti, sono molto fosche. La metà esatta degli imprenditori intervistati ritiene che il proprio fatturato 2020 diminuirà entro una forbice compresa tra il 5 e il 20%, ma oltre uno su quattro paventa riduzioni molto più drastiche, tra il 20 e il 50%. Per non dire del fatto che, guardando alle prospettive di scenario più generali, un 37% abbondante prevede crisi pesante con ripresa molto incerta, mentre un altro 17% si spinge più in là nel pessimismo, fino a ipotizzare un forte rischio di chiusura dell’attività.