Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Dna modificato ai globuli bianchi, nuova cura contro la leucemia
VICENZA Iniettare in un malato terminale di leucemia i suoi stessi globuli bianchi, prelevati e modificati nel loro Dna con un componente in più, tale da renderli aggressivi ed efficaci verso il cancro. È stato fatto all’ospedale di Vicenza, per la prima volta in una realtà pubblica italiana: il paziente è un 68enne che, a 15 giorni dall’infusione di linfociti modificati, ha ripreso a mangiare ed è stato dimesso in condizioni nettamente migliori. «Il farmaco Car-T dà un tasso di remissione della malattia del 50 per cento, a 5 anni, in pazienti che altrimenti avrebbero un’aspettativa di vita tra 6 e i 12 mesi. È un grande risultato» osserva il dg dell’Usl 8 Giovanni Pavesi.
A tutto lo staff che si è occupato di lui, il paziente vicentino ha consegnato una lettera di ringraziamento: «Finalmente il mio corpo mi appartiene, come il mio spirito». In realtà è solo il primo malato che verrà trattato in questo modo: l’8 giugno verrà ricoverato un 65enne veneziano nelle stesse, gravi condizioni e l’obiettivo «è arrivare a una cinquantina di pazienti all’anno. Siamo l’unica azienda sanitaria italiana pubblica ad avere un cell-factory autorizzata da Aifa e non escludiamo in futuro di produrre direttamente su licenza i farmaci Car-T: accorciando filiera, tempi e anche costi» osserva Pavesi. La nuova terapia costa infatti 320mila euro a trattamento, cifra che l’azienda sanitaria ha ottenuto venga interamente coperta dal fondo nazionale sui farmaci sperimentali.
La terapia Car-T (acronimo che sta per Chimeric antigen receptor) si basa sull’utilizzo di prodotti estremamente innovativi. I linfociti sono prelevati dal malato a Vicenza e, in speciali contenitori che li conservano a meno 170 gradi, vengono mandati negli Stati Uniti, dove vengono modificati geneticamente. Poi tornano in Italia dove avviene l’infusione nel paziente: una volta reimmesse nell’organismo le cellule iniziano a moltiplicarsi e ad aggredire il cancro. Non c’è pericolo di rigetto, essendo cellule originarie del paziente stesso. (a.al.)