Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tamponi ai lavoratori, un piano per la fase 2
Lettera150, movimento di opinione costituito da duecento accademici italiani, dopo un appello per un incremento dei test tampone firmato dai professori Crisanti, Ricolfi e Valditara, ha diffuso un «protocollo per una strategia e un piano logistico organizzativo per eseguire test tampone ai lavoratori nella fase 2 del covid19», realizzato da chi scrive e Dario Gregori, professori dell’università di Padova, e dai professori Francesco Curcio e Paolo Gasparini. Il test rtPCR tampone è l’unico esame in grado di confermare l’infezione in atto e la contagiosità di una persona sintomatica o asintomatica, ma la produzione presenta difficoltà. Durante il lockdown, il test è stato riservato ai soggetti sintomatici e in regioni virtuose (Veneto) anche alle comunità’ promiscue a rischio(ospedali, case di riposo...) . Continuano a provvedervi in affanno laboratori universitari e ospedalieri. Due novita’hanno caratterizzato il passaggio alla fase 2. L’aumento delle presenze in pubblico, accompagnato da una diffusa percezione di sicurezza: finalmente liberi! Lassità o noncuranza nell’uso delle mascherine e distanziamento trascurato (come si e’ visto anche in Veneto durante lo scorso fine settimana: affollamento, tavolate numerose nei ristoranti, assembramenti di centinaia di persone nei luoghi della movida e nei mercati dove gli ingressi contingentati non sono piu’ previsti). Una realtà di cui è indispensabile tener conto. Il secondo evento e’ costituito dai 24 milioni di lavoratori rimessi in circolazione per contrastare giustamente l’emergenza economica. Diagnosi dei portatori sani e libertà di circolazione sono vasi comunicanti: più aumentano le identificazioni degli asintomatici, più aumentano gli isolamenti in quarantena degli untori e diminuisce la presenza delle fonti di contagio, più si possono allentare le maglie. Lo sblocco è stato attuato imprudentemente senza l’accompagnamento di un consensuale incremento nell’esecuzione di test diagnostici. Le previsioni per il futuro si possono fare per certezza, per supposizione basata su analogie con il passato e sul razionale o per speranza. L’atteggiamento di chi governa pare poggiare su quest’ultimo desiderio, cioè che una recrudescenza dell’epidemia non si verifichi in futuro. È logico invece immaginare lo scenario peggiore (facendo i debiti scongiuri) e prepararsi per affrontarlo. Sono necessari già oggi, nonostante il calo dei casi di coronavirus, provvedimenti realistici di prevenzione del contagio nelle aziende (con automatico riflesso sulla tutela della salute nella società civile) eseguendovi dei test e limitandone il numero grazie all’identificazione di campioni statisticamente significativi. Nelle aziende piccole la valutazione sarebbe esaustiva. Nelle aziende grandi la precisione, campionando da 10 a 20 addetti, è tra il 2 ed il 4% di probabilità che se in una azienda fossero osservati zero casi, ce ne sarebbe almeno uno positivo tra i restanti. Il ricampionamento, che prevede che una azienda sia selezionata ripetutamente, fa sì che tale probabilità, dopo la seconda valutazione negativa, passi ad un livello inferiore a 0.002%. Il protocollo prevede l’attivazione di unità modulari in progress basate su start up per duemila test/giorno, ciascuna descrivendone dettagliatamente gli aspetti organizzativo/logistici. Un laboratorio (pubblico o privato, riconvertito o creato ex novo) di biologia molecolare supplementare (a quelli esistenti, impegnati con il target comunità a rischio e difficilmente potenziabili ) ogni milione di abitanti (60 in totale, 5 nel Veneto) riservato ai lavoratori necessita di oltre tre mesi per essere realizzato. Confindustria, le varie associazioni di categoria e le forze trainanti dell’economia, le fondazioni bancarie non si sottrarrebbero a un invito a collaborare con l’iniziativa pubblica per un progetto mirato, comprensivo di una prospettiva di reindirizzo verso funzioni di ricerca quando l’epidemia dovesse essere domata.