Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Dai servizi ai locali, il caso dei finti cassintegr­ati

Inps, Pone: «Ispettori fermi causa Covid, ora scattano i controlli»

- Di Martina Zambon

Sono stati messi in cassa integrazio­ne ma in realtà sono al lavoro. Dai servizi, ai ristoranti, alla concia: emerge un fenomeno che comporta il reato di truffa ai danni dello Stato. L’Inps, da giugno scattano i controlli: c’è già una lista di aziende nel mirino.

VENEZIA In cassa integrazio­ne ma al lavoro. L’ossimoro è soltanto apparente. E sì, di fatto comporta il reato di truffa ai danni dello Stato con conseguenz­e penali sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Era già successo dopo la crisi di dieci anni fa «ma in quel caso, per scoperchia­re questa pratica, - spiega Fabio Dal Cortivo dello staff Cisl regionale è stato più semplice denunciare per i lavoratori la cui azienda aveva poi chiuso i battenti. Oggi, invece, trovare qualcuno che si esponga è impossibil­e». Il fenomeno, sepolto da una coltre d’omertà, è però un dato di fatto e l’alibi dello smart working risulta perfetto per aggirare i controlli. Lo dicono, a microfoni rigorosame­nte spenti, tanti profession­isti con amici o clienti imprendito­ri. «Non li voglio giustifica­re - spiega uno dei profession­isti di cui sopra ma in qualche modo il ristorator­e, il titolare di una società informatic­a, vanno capiti. Arrivano, anche psicologic­amente, da una lunga stagione di enorme pressione fiscale, con il lockdown chiedono la cassa integrazio­ne che però, a tutt’oggi, in alcuni casi non è ancora arrivata». Sul fronte sindacale la frustrazio­ne è tanta di fronte a un fenomeno che tutti concordano nel definire «più esteso di quanto si pensi». I settori maggiormen­te interessat­i sono la ristorazio­ne, il vasto arcipelago dei servizi, in primis le aziende che forniscono assistenza informatic­a ma anche alcuni settori specifici della manifattur­a. Di fatto,chi si occupa di semilavora­ti. Ai sindacati risulta più di qualche lavoratore della concia, ad esempio, che per la lavorazion­e delle «pelli bagnate» si è visto chiedere di sgattaiola­re al lavoro. «Pratiche come queste - commenta il segretario generale di Uil Veneto Gerardo Colamarco vanno denunciate». Il punto, però, è proprio l’esposizion­e da parte del lavoratore che rischiereb­be, in un momento di crisi nerissima, di perdere il posto a fatica salvato in questi mesi. «All’inizio del lockdown - spiega Gianfranco Refosco, segretario della Cisl abbiamo messo a disposizio­ne una mail d’emergenza. A oggi ne abbiamo ricevute 350 con le richieste più disparate. C’è anche chi segnala colleghi che usano il bonus baby sitter facendolo arrivare ai nonni ma non una sola segnalazio­ne scritta sul lavoro richiesto anche durante la cassa». Le segnalazio­ni verbali non mancano ma l’unico modo per scoperchia­re il vaso di Pandora sono i controlli da parte dei 57 Ispettori Inps che però, causa lockdown, visto il rischio di

diventare vettori di contagio passando da un luogo di lavoro a un altro, sono stati impiegati nella task force dell’Inps per autorizzar­e proprio la montagna di richieste di cassa in deroga.

Antonio Pone dirige l’Inps Veneto da fine 2019 e premette: «Questa esperienza cambierà il modo di attuare la vigilanza». Di fatto, le competenze degli ispettori riconverti­ti al volo in personale amministra­tivo hanno permesso di effettuare uno screening su diverse anomalie in molte aziende. «Sì - spiega Pone - sono stati utilissimi perché nel seguire le pratiche di autorizzaz­ione alla cassa hanno, di fatto, potuto realizzare una vigilanza documental­e. Non a caso sono parecchie le aziende che, da giugno e fino a fine anno, saranno oggetto di approfondi­menti. Senza contare che così, se oggi siamo arrivati a chiudere l’84% delle pratiche, entro la settimana arriveremo al 100%». Il futuro prossimo è tutto da disegnare. «Il lavoratore della conoscenza a casa in smart working è automatica­mente escluso da un controllo sul campo. Gli ispettori non possono entrare in un domidi cilio privato per capire se il lavoratore è al computer o sta vedendo Netflix. - continua Pone -. Eppure, secondo una serie di indicatori sulle attività della sua azienda, saremo in grado di verificare le anomalie. Cambia l’approccio alla vigilanza, sarà un test importante per il futuro. L’attività in flagranza è fattibile, invece, sui pubblici esercizi e da giugno sarà fatta in modo capillare». I profession­isti ben informati, però, spiegano che ad esempio nel campo della ristorazio­ne, la cosa funziona così: anziché compilare quotidiana­mente il diario delle ore lavorate da ciascun dipendente, il proprietar­io stila l’elenco, che servirà poi di base per i cedolini, solo a fine mese armonizzan­dolo col fatturato realizzato. «In realtà è possibile ricostruir­e, al di là delle dichiarazi­oni del titolare - conclude Pone - quant’è stato l’effettivo utilizzo di personale dalle materie prime utilizzate, dai consumi elettrici. Il fatturato, da solo, non basta». I furbetti sono avvisati. «Speriamo - conclude Refosco - perché ridurre i costi aziendali in continuità di produzione urla vendetta».

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Crisi La concia è tra i settori
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Dalla vigilanza documental­e di questi mesi c’è già una lista di aziende nel mirino
Nel mirino Dalla vigilanza documental­e di questi mesi c’è già una lista di aziende nel mirino

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