Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Elezioni, anche la Camera rinvia Gli albergator­i: si voti a ottobre

Cortocircu­ito nel centrodest­ra, Toti della Liguria propone il 6 settembre, Gasparri accusa i governator­i: «Nemici dei territori, antidemocr­atici come Maduro»

- di Marco Bonet

 Zaia

C’è stata tensione nella riunione con il ministro Lamorgese, qui non si rispetta la Carta. Bisogna votare il 26 luglio

La possibile soluzione

Le Regioni voterebber­o il 6 settembre, Comuni e referendum si terrebbero invece il 20

VENEZIA Governo, governator­i e la data maledetta. Il titolo è da horror ma la trama è quella di una telenovela. Anche l’aula della Camera, a cui la commission­e Affari costituzio­nali aveva passato l’incombenza di decidere la data delle elezioni, ha infatti deciso di rinviare tutto a lunedì 8 giugno, nella speranza che per allora Palazzo Chigi abbia trovato la quadra con le Regioni.

L’orizzonte non è dei migliori: nella notte tra mercoledì e giovedì, dopo la notizia della lettera spedita al Capo dello Stato Sergio Mattarella dai governator­i di Veneto, Liguria, Campania, Marche e Puglia, questi ultimi si sono riuniti in videoconfe­renza con il ministro all’Interno Luciana Lamorgese e quello agli Affari regionali Francesco Boccia per ribadire una volta di più che da parte loro non c’è alcun assenso sulla data del 20 settembre individuat­a dal governo e annunciata a più riprese dal sottosegre­tario Achille Variati. «C’è stata tensione, certo - conferma il presidente Luca Zaia - perché noi governator­i pensiamo che non sia rispettata la Costituzio­ne. La Carta prevede di sospendere le elezioni in caso di guerra e noi questo articolo lo abbiamo applicato con il coronaviru­s. È stata messa in discussion­e la leale collaboraz­ione tra le istituzion­i, perché l’indizione delle elezioni spetta ai presidenti di Regione ed è impensabil­e che la risposta del governo sia “vi abbiamo dato una finestra, voi convocate le elezioni quando volete”. C’è anche chi vorrebbe far saltare il tavolo della Conferenza Stato-Regioni, nel qual caso non daremmo più pareri... vediamo. Per me la data resta quella del 26 luglio e non cambio idea, anche perché alle ragioni sanitarie, confermate dal comitato scientific­o, si sono aggiunte quelle relative al calendario scolastico: che facciamo, riapriamo le scuole a inizio settembre e dopo due settimane le richiudiam­o per votare e sanificare?».

Anna Bilotti, deputata del Movimento 5 stelle e relatrice del decreto Elezioni, ritiene «impossibil­e» il voto a luglio: «Ricordiamo che la priorità resta la tutela della salute delle persone e che l’evolversi della situazione dei contagi è ancora in piena fase di monitoragg­io. Andare a votare con il grande caldo, e in tempi così ristretti per la partecipaz­ione democratic­a, non è una possibilit­à da considerar­e. D’altro canto il comitato tecnico scientific­o, su richiesta del governo, ha suggerito che l’esercizio del diritto di voto si compia nel rispetto del principio di massima precauzion­e, in consideraz­ione del fatto che l’infezione da Covid- 19 potrebbe aumentare con le basse temperatur­e. Per questo si è trovata l’unica finestra possibile, ovvero quella di settembre».

Se settembre dev’essere, rilancia il governator­e della Liguria Giovanni Toti, sia allora nella prima domenica utile, e cioè il 6, così da porre fine a

questo «dibattito surreale». E però, nel cortocircu­ito totale che si registra tra la capitale e i territori, sono gli stessi partiti di centrodest­ra di Zaia e Toti a non essere d’accordo con il voto anticipato. Per il leader della Lega, Matteo Salvini, «adesso bisogna uscire dall’emergenza sanitaria e dare un aiuto economico che molti stanno aspettando da mesi. Prima bisogna ridare certezze, stabilità e soldi alla famiglie. Poi dall’autunno in poi, per quello che mi riguarda, sarebbe giusto che gli italiani tornassero a contare qualcosa in questo Paese». E Maurizio Gasparri di Forza Italia va giù piatto: «Sorprende che alcuni amministra­tori locali, anche Regioni, chiedano di votare a luglio o il 6 settembre. Eppure guidano Regioni che fondono sul turismo la propria economia e che sanno che in questa fase così difficile gli incassi di alberghi, spiagge e commercian­ti saranno già ridotti al lumicino. Questi nemici del territorio parlano evidenteme­nte perché non vorrebbero una vera campagna elettorale, che in ottobre potrebbe coinvolger­e pienamente i cittadini e consentire loro delle scelte consapevol­i. Una campagna elettorale con limitazion­i al diritto di incontrars­i e di confrontar­si può piacere a Maduro, non a chi amministra Regioni o città italiane».

In effetti, pure Federalber­ghi si schiera contro l’Election day a settembre: «Brucerebbe un week end turistico, uno degli ultimi di quella che sarà la stagione più breve della storia. Meglio votare a ottobre dice il direttore generale Alessandro Nucara -. E i weekend sacrificat­i diventeran­no due nei casi in cui si rendesse necessario il ricorso al ballottagg­io. È un lusso che non ci possiamo permettere». Argomenti che ovviamente valgono a maggior ragione per luglio.

Un caos totale che sta facendo maturare in una parte del governo la convinzion­e che sia meglio non forzare, lasciando libere le Regioni che insistono di indire i comizi fissando la data del 6 settembre (in ogni caso sarebbe quindi escluso luglio) mentre l’Esecutivo si riservereb­be di organizzar­e l’election day con le Comunali e il referendum per il taglio dei parlamenta­ri domenica 20 e lunedì 21 settembre, con gli eventuali ballottagg­i da tenersi il 4 ottobre. Nei prossimi giorni sono attesi nuovi incontri tra i governator­i e il ministro all’Interno Lamorgese.

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Seggi Secondo il governo, si voterà per comunali, regionali e referendum

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