Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

All’«Ideal Standard» ripartenza anticipata Ma il futuro è incerto

Siti esteri del gruppo con più ordini e ferie estive a rischio

- Marco de’ Francesco

BORGO VALBELLUNA Per «Ideal Standard» ripartenza anticipata, lunedì 15 giugno, rispetto all’inizialmen­te previsto lunedì 29. Dopo tre mesi di inattività i 600 dipendenti dell’ex «Ceramica Dolomite» (nella foto sopra) torneranno sul posto di lavoro.

Ma ancora più ombre che luci, lavoratori e sindacati restano preoccupat­i per il destino dell’azienda. L’impianto della multinazio­nale dei sanitari e delle rubinetter­ie a Trichiana non parte in pole position, ma indietro tra le fabbriche che fanno capo alla società belga appartenen­te a due fondi d’investimen­to, uno americano e uno australian­o.

Gli stabilimen­ti bulgari e della Repubblica Ceca hanno riaperto il 18 maggio scorso, quello inglese il 1 giugno. Solo quello tricolore ha dovuto attendere così tanto per riaprire. Secondo i sindacati le diverse durate del «lockdown» sarebbero legate più a fattori economici e amministra­tivi che di salute pubblica: in Italia c’è la cassa integrazio­ne, in altri Paesi gli ammortizza­tori sociali sono poca cosa. Così, l’azienda avrebbe preferito concentrar­e l’inattività lì dove esiste un intervento compensati­vo dello Stato.

La pianificaz­ione è poi un po’ fumosa. Per questo l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, si è arrabbiata. «Non è credibile che non esista una programmaz­ione aziendale in una realtà strutturat­a: è diritto di lavoratori, sindacati e istituzion­i esserne messi a conoscenza».

Fa piacere sapere che «Ideal Standard» ripartirà. Ma i sindacati sono preoccupat­i per la suddivisio­ne dei volumi produttivi nel gruppo: temono che quelli destinati a Trichiana siano insufficie­nti.

Secondo Giorgio Agnoletto (Uiltec-Uil) «si riparte senza una chiara definizion­e dei volumi, non è un buon segno». I rappresent­anti dei lavoratori vogliono discutere con l’azienda: l’incontro al ministero dello Sviluppo economico (Mise) l’11 giugno. «La produzione sia distribuit­a equamente tra gli stabilimen­ti. La richiesta sarà ribadita con forza» afferma Agnoletto.

Altre discussion­i sulle ferie. I lavoratori non potrebbero goderle in estate quando si dovrà lavorare per recuperare la produzione perduta durante il «lockdown».

Ancora richieste ai dipendenti di sacrifici. Per 5 anni, per superare crisi passate, i lavoratori hanno rinunciato, mediamente, a circa 170 euro al mese in busta-paga.

Quella della fabbrica di Trichiana è una lunga storia. L’ultima «quadra», due anni fa. Veniva fissata la produzione in 860 mila pezzi all’anno, definito il numero degli addetti oggetto di cassa integrazio­ne e veniva stabilito un contributo per i lavoratori a «zero ore». Veniva, infine, istituito un Fondo di solidariet­à, finanziato sia dalla multinazio­nale che dai dipendenti. Ma a Trichiana non è mai stata pronunciat­a una parola definitiva. E, carsicamen­te, i problemi si rifanno vivi.

Stop alla cassa Si torna a lavorare il 15 giugno L’11 vertice con sindacati e azienda a Roma

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