Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
MAFIE, LA RETE NORDESTINA
«Freeland», con i suoi 20 arresti, è l’ultima operazione contro le mafie portata a termine ieri nel Nordest. Scenario, il Trentino Alto Adige, protagonista la ‘ndrangheta. Pochi giorni fa era toccato a Verona, con l’inchiesta «Isola Scaligera»: 23 arresti, tra cui due dirigenti di una nota società partecipata del comune capoluogo, alcuni professionisti e imprenditori, e una serie di personaggi ritenuti appartenenti ad una ‘ndrina della provincia di Crotone. Sia in Veneto che in Trentino Alto Adige, negli atti degli inquirenti si parla della costituzione di «locali» di ‘ndrangheta, ossia di gruppi mafiosi radicati e operanti sul territorio nordestino da diversi anni, grazie alla creazione e allo sviluppo di una rete di complicità e connivenze costruite nel tempo, anche attraverso la corruzione, con insospettabili personaggi della cosiddetta «area grigia». Nel Nordest, da diversi anni non opera soltanto la mafia calabrese, ma anche le altre mafie italiane e quelle straniere. Un anno fa, la Direzione distrettuale antimafia di Venezia, con l’operazione «At Last», 50 arresti, ha portato alla scoperta di un gruppo mafioso legato alla camorra, che non solo era penetrato nell’economia locale, ma era giunto persino all’interno delle stanze del Comune di Eraclea contribuendo, secondo gli investigatori, ad eleggere il primo cittadino, successivamente arrestato. Il Comune non è stato sciolto per mafia.
Contrariamente a quanto aveva richiesto il prefetto di Venezia ed ora, su sollecitazione dell’on. Nicola Pellicani, il caso sarà oggetto di un’attenta analisi della Commissione parlamentare antimafia. Perché, come insegnano le vicende già accadute in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Liguria, dopo essere entrati nell’economia, i mafiosi ambiscono ad inserirsi nella politica votando candidati disponibili ad esaudire i loro desideri ovvero a candidare persone organiche ai clan. Negli ultimi otto anni, insieme a quelle poc’anzi citate, altre inchieste – tra cui «Aemilia» della Dda di Bologna, «Stige» della Dda di Catanzaro, e quelle di altre procure del Sud – hanno dimostrato come Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige non siano affatto «isole felici» per usare un’espressione scritta in una relazione della Commissione parlamentare antimafia a metà degli anni Novanta. Insieme alle decine di persone arrestate, altri dati confermano il radicamento mafioso e dovrebbero far riflettere - e agire – con maggiore determinazione il mondo della politica, delle imprese, dei liberi professionisti e delle banche. Vediamoli. Nel Nordest, come attesta sul proprio sito l’apposita Agenzia nazionale, vi sono 477 beni (404 in Veneto, 57 in Friuli V.G., 16 in Trentino A.A.) e 27 aziende confiscate (22 in Veneto, e 3 in Friuli V.G. 2 in Trentino A.A.). Dal 2014 al 2018, secondo un rapporto dell’Autorità nazionale anticorruzione, il numero delle interdittive antimafia emesse nei confronti di aziende operanti nel Nord Italia è quadruplicato, passando da 31 a 116. Di queste, 41 (il 35%, più di una su tre), hanno coinvolto imprese operanti nel Nord Est, in particolare in Veneto. In relazione al riciclaggio di denaro di provenienza illecita, secondo i dati diffusi a gennaio dalla Banca d’Italia, su 105.789 operazioni ricevute nel 2019, il 12% (12.284) hanno riguardato il Nord Est. E che dire del narcotraffico, il core business delle mafie? I dati della Direzione centrale servizi antidroga (DCSA), attestano come il Nordest è un territorio sia di alto consumo che di transito di ingenti quantità di sostanze stupefacenti, come dimostrano i 990 kg di cocaina sequestrati nel 2018. Per troppi anni, anche a livello politicoistituzionale-investigativo, si è pensato che quello delle mafie fosse un problema esclusivamente del Mezzogiorno e che il Settentrione, ricco e laborioso, avesse gli anticorpi per tenere lontano questo virus criminale. I fatti, purtroppo, dimostrano che anche il Nord Est è malato da tempo.