Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Terapie intensive, casi zero

Per la prima volta Veneto senza vittime né pazienti in Rianimazio­ne. Solo 3 i contagi

- Nicolussi Moro

Un altro giorno senza decessi ma soprattutt­o un giorno senza pazienti Covid in Rianimazio­ne: il primo dall’inizio dell’epidemia. La curva è scesa al punto che negli ospedali veneti non c’è più un caso grave. Intanto si avvia verso la soluzione il caso della Facoltà di Medicina di Treviso. Il governo è pronto a finanziarl­a attraverso il Miur.

Secondo giorno, non

VENEZIA consecutiv­o, a zero decessi, ieri in Veneto e, novità, nessun degente infetto nelle Terapie intensive, che ormai ospitano solo 15 ricoverati exCovid-19. Per di più i contagi sono scesi sotto i mille. «Si chiude il sipario sul virus in Rianimazio­ne — conferma il governator­e Luca Zaia — la ricerca di nuovi casi ha per fortuna esiti infinitesi­mali: gli ultimi 11.850 tamponi ne hanno riscontrat­i tre. E anche i pochissimi che ancora si trovano riguardano spesso ricadute, cioè guariti tornati positivi al tampone. Ricordo però ai cittadini che il coronaviru­s è ancora in circolazio­ne, non fa più i danni di prima ma c’è, quindi continuate a indossare la mascherina nei luoghi chiusi e all’aperto quando non è possibile rispettare il metro di distanza tra una persona e l’altra». Nel magazzino di Azienda Zero, per ogni evenienza, la Regione custodisce cento respirator­i nuovi di zecca e manterrà 705 degli 825 posti di Terapia intensiva attivati da febbraio, oltre a 343 di semi-intensiva. «Resta il doppio dei letti di Rianimazio­ne rispetto al fabbisogno (il Veneto è partito con 494, ndr)— conferma Zaia — ma prima di scrivere la parola fine sull’epidemia dobbiamo aspettare l’autunno. Incrociamo le dita, finora sono stati assistiti 650 degenti nelle Terapie Intensive su 6500 ricoverati oggi guariti. Molti potranno donare alla banca del sangue di Padova il loro plasma ricco di anticorpi, utile a curare altri pazienti».

E a proposito di tamponi, mentre ieri al Laboratori­o di Microbiolo­gia di Padova diretto dal professor Andrea Crisanti erano attese le due macchine nuove in sostituzio­ne di quelle rotte, il capogruppo del M5S in Regione, Nicola Berti, annuncia di essere stato querelato per diffamazio­ne dal direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan.

Berti ne aveva chiesto le dimissioni per la lettera che all’inizio dell’emergenza il manager aveva inviato a Crisanti con le indicazion­i del ministero della Salute in merito ai tamponi. Bisognava riservarli ai sintomatic­i, nel rispetto delle linee guida dell’Oms, poi smentite dall’evidenza. Nonostante l’Osm insista: «E’ molto raro che un asintomati­co possa trasmetter­e il Covid19». «Si vuole mettere a tacere perfino la critica politica», il commento dei grillini.

Ma a tenere banco in queste ore è soprattutt­o l’impugnativ­a da parte del governo della legge regionale istitutiva del nuovo corso di laurea in Medicina che l’Università di Padova dovrebbe avviare a Treviso dal prossimo anno accademico, mettendo a disposizio­ne 60 posti, aggiuntivi ai 400 già ottenuti per la sede principale. I ministeri di Economia e Salute contestano il finanziame­nto di 1,5 milioni l’anno detratto dal fondo sanitario regionale, vincolato però alla garanzia dei Livelli essenziali di assistenza, e l’invasione di campo della Regione in materia di pubblica istruzione, competenza statale. Zaia annuncia di andare avanti lo stesso, in mezzo l’appello dei segretari generali di Cisl Medici, Gianfranco Refosco e Biagio Papotto, al governator­e stesso, al ministro bellunese Federico D’Incà (rapporti con il Parlamento) ai sottosegre­tari veneti Pier Paolo Baretta, Andrea Martella e Achille Variati affinché si giunga subito a un accordo. «Non c’è alcun dubbio che l’iniziativa sia utile e opportuna — dicono i due segretari Cisl — costituend­o parte fondamenta­le di una risposta concreta alla carenza di medici evidente negli ultimi anni in Veneto, come in altre parti d’Italia».

E in effetti il governo sta lavorando a un’ipotesi che non darebbe torto a nessuno e risolvereb­be pure il problema dei finanziame­nti. L’idea sul tavolo è che sia il ministero dell’Università e della Ricerca (Miur) a corrispond­ere all’Ateneo di Padova i 1.570.000 euro all’anno, per 15 anni, necessari ad avviare Medicina a Treviso. Operazione da inserire nel decreto Rilancio o in un decreto a parte firmato dal ministro della Pubblica Istruzione, Lucia Azzolina. A quel punto la legge regionale decadrebbe e così pure l’impugnativ­a del governo davanti alla Corte Costituzio­nale. Una soluzione che prende corpo di ora in ora, al punto che potrebbe beneficiar­ne anche l’Emilia Romagna con l’Università di Bologna, intenziona­ta ad attivare un corso di laurea in Medicina a Rimini. I prossimi giorni saranno decisivi, l’intento è di chiudere entro la fine del mese.

E sempre da Roma sono stati stanziati i fondi per ristorare le spese affrontate dalle Regioni per l’emergenza: al Veneto, che ha speso 300 milioni di euro, ne sono stati destinati 240 a titolo di rimborso di attrezzatu­re, dispositiv­i di protezione e strumentaz­ioni varie (esclusi i costi di Protezione civile), circa 36,1 milioni per il personale (le 1300 nuove assunzioni sono costate 35 ma Zaia dice che essendo a tempo indetermin­ato diventeran­no una voce di bilancio fissa), e 101 per i posti letto di Terapia intensiva e semiintens­iva, la riorganizz­azione dei Pronto Soccorso e della rete territoria­le.

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