Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Accordo nel centrodestra Ma l’autonomia non c’è
Salvini, Meloni e Berlusconi chiudono l’accordo per le Regionali Niente corsa solitaria per la Lega e la riforma resta ai margini
VENEZIA Ora, magari firmeranno con il sangue domani, ché in politica si sa, è sempre tutto in movimento. E però è un fatto che nella nota congiunta diramata ieri da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi per celebrare l’accordo finalmente raggiunto sui candidati del centrodestra alle prossime elezioni Regionali dell’autonomia non c’è traccia. Strano, perché durante gli incontri dei giorni scorsi, quando la tensione era salita fino al punto da far pensare che tutto potesse perfino precipitare, la riforma cara al presidente Luca Zaia (ricandidato, ovviamente) era stata messa tra i punti «irrinunciabili» della trattativa da Salvini, che proprio alla firma del patto autonomista, tra le altre cose, aveva condizionato il suo via libera al «fratello d’Italia» Raffaele Fitto in Puglia e al berlusconiano Stefano Caldoro in Campania. E invece.
«Il centrodestra ha individuato la squadra migliore per vincere le elezioni nelle Regioni che andranno al voto a settembre e, soprattutto, portare il buongoverno in quelle che oggi sono male amministrate dalla sinistra - si legge nella nota -. I candidati del centrodestra saranno: Francesco Acquaroli per le Marche, Stefano Caldoro per la Campania, Susanna Ceccardi per la Toscana, Raffaele Fitto per la Puglia. Si aggiungeranno alla squadra dei governatori uscenti che, dopo eccellenti prove di governo, sono stati confermati: Giopallino
Zaia
Il patto sull’autono mia alle Regionali l’ho scritto io, ce ne sono solo due copie, una ce l’ho io e una Salvini. Va firmato dagli alleati in tutte le Regioni
vanni Toti in Liguria e Luca Zaia in Veneto». Segue passaggio dedicato alle Comunali, con la Lega che annuncia trionfale lo sbarco a Reggio Calabria (Salvini lancia il contest «il sindaco del Ponte»), Andria, Chieti, Macerata, Matera, Nuoro. «I partiti si sono impegnati a prestare grande attenzione al momento della compilazione delle liste a tutti i livelli: saranno di qualità sotto ogni aspetto». Stop.
Detto che l’accordo raggiunto mette una pietra tombale alle solite, velleitarie grida sulla corsa solitaria della Lega (ritornano puntualmente ad ogni tornata elettorale locale e puntualmente vengono frustrate dalle intese nazionali), voci dalla capitale riferiscono che Meloni avrebbe dato un generico via libera all’autonomia «in cambio dell’appoggio della Lega alla riforma per il presidenzialismo», vecchio della destra. Ma per l’appunto l’impressione è che si sia al «vedremo, ragioneremo, faremo». E difatti Salvini un po’ conferma: «Ho consegnato agli alleati 5 pagine molto concrete e dettagliate, le stanno esaminando». Dicono i suoi che il Capitano, nelle vesti del «federatore», per tenere unita la coalizione abbia acconsentito ad un passo indietro sui «nomi vecchi», ossia Caldoro in Campania e Fitto in Puglia, ma la situazione non è facile: Fitto può farcela viste le divisioni del centrosinistra in Puglia e Fdi ha preso il candidato pure nelle Marche, dove i sondaggi per Acquaroli sono favorevoli. Alla Lega resta la Toscana, dove invece l’orizzonte è fosco, col risultato che all’indomani del voto Meloni, già in crescita, potrebbe apparire la vera vincitrice mentre Salvini potrebbe intestarsi la sola vittoria in Veneto, dove però non vince lui ma Zaia.
E a proposito del presidente. C’è da credere che non abbia preso bene la mancata firma del «contratto sull’autonomia» da parte degli alleati, perché se è vero che comunque in Veneto nessuno potrà sperare di entrare in lista senza aver prima giurato sulla riforma, è però altrettanto vero che fu lui a rivendicare pubblicamente di aver scritto il testo dell’accordo («Ne esistono solo due copie: una ce l’ho io e una Salvini»), spiegando che questo doveva essere chiuso «in tutte le Regioni, perché per la Lega tutte le Regioni devono chiedere l’autonomia, da Nord a Sud». Ambizione rimandata.