Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tutti in coda verso il mare (senza mascherina) «Ma gli affari languono»
Code e niente mascherine. Ma gli affari non decollano
Addio divieti, limiti e mascherine: liberi tutti, in coda verso il mare. A Jesolo ombrelloni e battigia si riempiono nel fine settimana, ma dai gestori dei bagni ai baristi e i ristoratori, tutti si lamentano: «La stagione ormai è andata, i pendolari non spendono».
JESOLO «Una volta fuori non la riprendi più la bestia. E che dovremmo fare? Fermare la marea con un dito?». Bagni wc, Marina Club di Jesolo, di sciacquoni e lavandini si tratta ma, in quanto alla marea, non sembra così imponente: le ragazze si rinfrescano, i ragazzi aspettano con ordine il loro turno; ciò che è inarrestabile e imprendibile è il comune senso del pericolo, quello che non c’è più, la paura è come il dentifricio, una volta uscita dal tubetto non ce la si può far rientrare, al suo posto sole e mare. Come si fa del resto ad imporre la faccia feroce ai due ragazzotti di guardia all’ingresso: fino a sabato scorso ancora ci provavano – «prego signora, la mascherina; certo signore, il disinfettante» – ieri manco quello. «Tanto è inutile, fiato sprecato». Il cartello con tutte queste buone cose è dietro di loro e non se lo fila nessuno, sembra scritto dalla mano di un crudele occupante, dal tiranno che governava fino a ieri e che oggi non c’è più, liberi tutti, da norme e divieti, dai guanti che ti marinano le mani, dalla museruola che ti segna il viso – proprio qui poi, dove la gente viene a denudarsi – insomma liberi da tutte le buone e orribili cose che ci hanno intristito la vita, bestie o pasta dentifricia che siano non torneranno più.
Giornata di ordinaria rivolta, si celebra la normalità, a Jesolo come altrove sull’alto Adriatico, senza tumulti o sensi di colpa, solo per il piacere di ritrovarsi là dove eravamo prima che tutto cominciasse. Se il Pil dovesse rimbalzare come la voglia di mare registrata ieri saremmo già a posto, se l’impegno a riprendersi la vita è lo stesso ce l’abbiamo già fatta – tre ore e mezzo da Vicenza a Jesolo che col calesse si arriva prima – unici esclusi gli invidiati i motociclisti. A Caposile l’incompenetrabilità fisica dei corpi toccava il massimo con i trevigiani del nord che incrociavano i veneti dell’ovest con effetti apoplettici: l’ultimo miglio – cinque per l’esattezza – sono stati un Golgota per tutti, di freni e frizioni, uno spreco navale di benzina, ordinato e composto però, militarmente rivolto e incrollabile, a dimostrazione della determinazione con cui la gente andava a riconquistarsi il tempo perduto.
Jesolo poi si apriva accogliente, i posti blu gratis per generosa concessione della municipalità, tutti occupati da macchine italiane. «Le vede, appartengono a gente che lavora qui, come me – spiegava il padrone del bar in piazza Brescia – o sono come me o sono pendolari. I pendolari non sono turisti, siano bendetti, meglio che niente, ma non spendono, arrivano la mattina e se ne vanno la sera, sono quelli che un anno fa prendevano un caffè dopo il parcheggio e un altro alla partenza, ora neanche quelli. Fatturerò il 60 per cento in meno, la stagione è andata, non ci riprenderemo».
Il turista italiano non compensa il tedesco come i 23-24 euro per un ombrellone non bastano sul calo degli incassi (due-tre euro più dell’anno scorso). E in ogni caso la spiaggia è sempre lì, la stessa di sempre, uguale eppur diversa: «Tre metri e 75 per tre e 75, siamo a 12 metri quadri per ombrellone, due più del consentito - spiega l’omino del Casabianca - qui siamo all’aperto e non c’è obbligo di mascherina». A Jesolo si sta larghi come ai Caraibi, lo spazio allo stesso prezzo o quasi. Con vista sul carnaio.
Le due facce della spensieratezza e dello scontento sono confuse tra gli ombrelloni a seconda di chi lavora e chi prende il sole. Al gabbiotto delle prenotazioni risultano disponibili solo le ultime due file interne (a mezzogiorno anche quelle erano andate), le prime andate secondo capacità economica e levataccia, le ultime ai ritardatari: i capienti fronte mare, gli incapienti davanti, con gli asciugamani e le infradito - «Mascherina? Oddio, devo avercela da qualche parte, ora vedo» – sono i ragazzi della battiglia, quelli dei cinque metri liberi per legge, studenti, lavoratori, il nuovo proletariato generazionale che del Coronavirus non ha mai avuto paura.
Li trovi ammassati sui pontili dove non dovrebbe starci nessuno, a dispetto dei cartelli e delle catenelle che ne proibiscono l’accesso. Dalla torre di guardia due bagnini osservano: «O guardiamo loro o guardiamo chi annega in mare, in ogni caso non è compito nostro». Non è compito di nessuno, delle mascherine, della distanza di un metro e mezzo, e non per mancanza di zelo o ignavia, è che qui è passato tacito e plebiscitario il referendum che abolisce la paura del virus. «Siamo arrivati da Treviso con il bus, dieci euro andata e ritorno, altri dieci per un toast al McDonald e questo è il mio budget e le mie preoccupazioni, al ristoratore dica che vengo da lui se mi fa lo stesso prezzo».