Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Prosecco, nervi tesi e dispetti al Consorzio nella battaglia «politica» per il dopo Nardi Minacce di «fuga» e spaccature sulla presidenza. Martedì cda sulla vendemmia
CONEGLIANO «È un atto criminale spaccare il giocattolo in questo momento». Innocente Nardi usa queste parole per concludere un’ora di ragionamenti attorno alla «guerra civile» che sta turbando il Consorzio del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. È la prima volta che il presidente interviene direttamente nella battaglia politica in corso per la sua successione. Il suo mandato era scaduto a marzo, il Covid lo trascinerà avanti fino al primo ottobre: è questa la data fissata, post vendemmia, per l’assemblea che procederà alla nomina delle nuove cariche.
Ma per capire le tensioni in corso sul fronte delle bollicine storiche bisogna partire dai numeri. Quelli che rappresentano in cda le anime degli attori economici. I consiglieri sono 15: i seggi ad oggi sono equamente distribuiti tra i viticoltori, vinificatori e imbottigliatori. Ma c’è chi perora l’idea di portare a 7 i seggi per i vinificatori, togliendoli ai contadini eroici per darli alle grandi cantine. Questa almeno l’immagine che alcuni vinificatori – in prima linea Bernardo Piazza – stanno diffondendo. Sostanzialmente, in molti vogliono che nella stanza dei bottoni ci siano solo aziende che hanno un totale interesse nella difesa della Docg.
La partita simbolo, in tal senso, è quella sul nome: c’è chi vorrebbe che non si usasse più la parola Prosecco, ma solo Conegliano-Valdobbiadene. Ne è nata una campagna elettorale per la successione, i nomi fatti sono molti: Lodovico Giustiniani, Aldo Franchi, Gabriela Vettoretti, ma anche esponenti delle famiglie storiche Bortolomiol e Drusian.
«Ma non dobbiamo spaccare il Consorzio per queste elezioni, dobbiamo pensare al bene di tutti», ripete Franco Adami, presidente dal 2002 al 2011. Le polemiche arrivano in un momento caldo, dopo mesi di tensioni (basti citare la nomina nella commissione Unesco di Giustiani al posto di Nardi). Dopo un recente rinvio, il 30 giugno è infatti convocato il cda per votare le norme per la prossima vendemmia. L’intenzione è quella di ridurre le rese a 120 quintali, con uno stoccaggio di 20 quintali per la Docg base e di 10 per le Rive e le bollicine certificate biologiche. Il motivo è quello del mantenimento del valore in un anno terribile: al 24 giugno la Docg ha registrato un -10% sul venduto. Si attende un 2020 con una forbice al ribasso fino al 20% e un 2021 con segno negativo del 4/5%. Questi almeno i numeri sui quali sta ragionando Nardi, mentre fuori imperversa la bufera.
«Il nostro compito è quello di difendere un sistema di 3.400 viticoltori e 6.700 persone impegnate in modo diretto nella produzione, oltre all’enorme indotto», conclude.
«Non capisco il senso di prendersela con la presidenza a mandato già concluso. Non mi ricandiderò, il dibattito che si sta alimentando produce solo macerie e non è nell’interesse della Denominazione, che sta perdendo valore agli occhi di chi ci guarda da fuori».