Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tesoretto Ue, tre miliardi per il Veneto
Mes, scontro politico. Zaia: dico sì ma solo se non ci sono condizioni. Lorenzoni lo incalza: la Lega non li vuole
VENEZIA Ci sono proiezioni che non possono lasciare indifferenti. Come quella che stima quanti fondi del Mes, dedicati agli investimenti in sanità, spetterebbero alle regioni se l’operazione andasse in porto. Fatti due conti, per l’Italia si tratterebbe di 37 miliardi, che ripartiti secondo le quote del Fondo sanitario nazionale significherebbero per il Veneto più di 3 miliardi (la nostra quota è infatti dell’8,14%). Ma il governatore Zaia dice: «Sì ma senza condizioni».
VENEZIA Mes o non Mes? Questo è diventato il problema, ora che l’emergenza coronavirus sembra avviarsi a conclusione (almeno sul piano sanitario, perché su quello economico ci sarà da penare ancora parecchio). Il Corriere ha pubblicato ieri una mappa di sicuro impatto: vi si legge infatti quanti soldi arriverebbero in ciascuna Regione se il governo decidesse di ricorrere alla linea di credito aperta dall’Unione Europea, con l’unica condizionalità che i fondi siano destinati esclusivamente alle spese sanitarie dirette e indirette, entro il limite del 2% del Pil. Fatti due conti, per l’Italia si tratterebbe di 37 miliardi, che ripartiti secondo le quote del Fondo sanitario nazionale significherebbero per il Veneto più di 3 miliardi (la nostra quota è infatti dell’8,14%). Un terzo di quanto spendiamo ogni anno per la nostra salute dalle Dolomiti al Delta. Questi soldi servirebbero come l’aria alla Regione, alle prese con la messa a terra dell’ambizioso piano di potenziamento e riorganizzazione della sanità studiato per affrontare eventuali nuove ondate di contagio e confermare l’eccellente gestione della pandemia mostrata fin qui (oltre che per chiudere il buco provocato dalle misure e dagli acquisti urgenti decisi negli ultimi tre mesi, per complessivi 230 milioni). E però il governatore Luca Zaia non si sbilancia, mostrando una cautela per certi versi sorprendente, visto che in queste settimane non si è mai tirato indietro dall’intervenire sulle questioni nazionali, a maggior ragione se collegate al coronavirus: «La scelta di aderire o meno al Mes spetta al governo, non alle Regioni dunque non capisco perché si tenti di tirarci in mezzo. Leggo che questi soldi dovrebbero essere spesi con l’unico vincolo della destinazione d’uso alla sanità ma questo aspetto non è così chiaro, mi pare che la definizione di “sanità” sia molto ampia, per cui mi attendo che il dibattito parlamentare chiarisca esattamente quali sono gli obiettivi a cui possono essere destinati questi soldi. I cittadini si stanno convincendo che si faranno nuovi ospedali: io non ne sono così certo, vediamo. Comunque - concede Zaia -, se non ci saranno altri vincoli, mi chiedo perché il governo non voglia firmare. O meglio, il motivo lo sappiamo e sta nel fatto che le due forze di maggioranza non sono d’accordo sul da farsi. Io non mi schiero né con l’una né con l’altra, lascio che Pd e M5s si azzuffino. È il governo che non vuol decidere, non noi».
Non sfugge, infatti, che la questione del Mes da prettamente tecnica sta diventando tutta politica: la Lega (con Fratelli d’Italia) è contraria, perché sospetta che il Mes comporti l’applicazione di condizionalità capestro che portino in futuro a misure molto dure di austerità per garantire il rientro dal prestito. E questo sebbene la circostanza sia già stata categoricamente esclusa dall’Ue, che in più occasioni ha ribadito di aver sottratto alle rigide condizioni in effetti previste dal Trattato sul Mes la linea di credito in questione, essendo emergenziale e destinata alla sanità. Il Pd è dunque a favore, ritenendo sciocco non fidarsi dell’Europa e rifiutare per contrapposizione ideologica una quantità di soldi mai vista prima a interessi zero. Il Movimento Cinque Stelle tergiversa e sebbene dietro le quinte molti suoi esponenti si stiano convincendo dell’opportunità offerta dal Mes, la linea ufficiale resta quella di preferirgli il Recovery Fund, ossia un fondo da 750 miliardi (all’Italia spetterebbe il 22,5%) finanziato da obbligazioni (i Recovery bond) garantiti dall’Ue. Un’ipotesi avanzata da Francia, Italia e Spagna ma fortemente osteggiata dai Paesi del Nord, che temono sia il primo passo della mutualiz