Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Derivati, Veneto primo con 16 enti coinvolti

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VENEZIA Il destino del presidente dell’Autorità di sistema portuale di Venezia, Pino Musolino, è ormai appeso a un filo. Dopo aver bocciato il bilancio della seduta del comitato di gestione dell’ente dello scorso 18 giugno e aver «disertato» la nuova convocazio­ne del 26, nemmeno questa mattina Fabrizio Giri e Maria Rosaria Campitelli – che nel board rappresent­ano rispettiva­mente Città metropolit­ana e Regione – si presentera­nno. E per la legge portuale una delle tre condizioni per revocare il presidente e sciogliere il comitato, aprendo dunque la strada al commissari­amento, è che «non siano approvati i bilanci entro il termine previsto dalla normativa vigente». Che è oggi, il 30 giugno.

Da Roma nessuno si sbilancia su quello che succederà. Il ministro delle Infrastrut­ture Paola De Micheli non si è espressa chiarament­e, ma ha dato incarico alla Direzione di vigilanza sui porti di verificare che cosa stia accadendo, pur sottolinea­ndo che il collegio dei revisori dei conti – nominato anche dal Mit – aveva dato parere favorevole al bilancio. Contro il commissari­amento si erano espressi il sottosegre­tario Salvatore Margiotta e buona parte della comunità portuale, ma non sembrano esserci altre strade, salvo una procedura ad hoc per «salvare» Musolino, che però a Roma non avrebbe più sponde (a nominarlo fu l’ex ministro Graziano Delrio), tanto che pochi già scommettev­ano su una sua riconferma.

Il presidente, dal canto suo, poco ha fatto per cercare di ricucire con i «ribelli», avviando una campagna di insulti su Twitter, parlando di «accuse infondate», «giochini di palazzo», «livorosa contrariet­à». Più di qualcuno ha interpreta­to l’opposizion­e di Giri e Campitelli come una manovra del sindaco Luigi Brugnaro e del governator­e Luca Zaia contro Musolino, per accaparrar­sene la poltrona. Anche ieri però Brugnaro ha smentito. «Abbiamo nominato dei rappresent­anti tecnici con il compito di agire nella legalità - ha detto - non ci sono pressioni verso nessuno».

I membri degli enti locali hanno spiegato più volte che il loro «no» deriva dalla contrariet­à al riequilibr­io del piano economico finanziari­o del terminal di Fusina, project financing nato negli anni di Giancarlo Galan e Piergiorgi­o Baita (Mantovani è tuttora la capofila), che prevede 9 milioni e 10 anni in più ai privati, pur a fronte di una modifica importante che fa ricadere il rischio di scarsi traffici su di loro, a differenza di com’era prima. Giri e Campitelli accusano invece Musolino di aver avviato l’operazione senza coinvolger­li e di non aver valutato ipotesi alternativ­e come quella di rescindere il contratto perché non avevano pagato i canoni di concession­e e finito l’opera.

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Il terminal di Fusina dovrebbe essere così, ma per ora ci sono solo 2 accosti
L’oggetto dello scontro Il terminal di Fusina dovrebbe essere così, ma per ora ci sono solo 2 accosti

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