Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Nuovi contagi, l’allerta di Zaia
Infezioni e ricoveri in lieve aumento, il governatore: indicatori non buoni, sono preoccupato
VENEZIA Dal punto di vista epidemiologico, assicura il presidente Luca Zaia, la situazione è «tranquilla». Ma i numeri dell’ultimo report di Azienda Zero sui contagi da coronavirus in Veneto destano sorpresa in Regione, sono «un warning»: 7 nuovi positivi e, tra loro, una mamma di 23 anni e il suo bambino di 3 mesi; 35 persone in isolamento; 8 morti. «Questi numeri non sono buoni, non sono un vanto» sbotta Zaia. «E io - tuona il governatore - sono preoccupato».
VENEZIA Dal punto di vista epidemiologico, assicura il presidente Luca Zaia, la situazione è «tranquilla». Ma i numeri dell’ultimo report di Azienda Zero sui contagi da coronavirus in Veneto destano comunque sorpresa in Regione, sono «un warning»: 7 nuovi positivi e, tra loro, una mamma di 23 anni e il suo bambino di 3 mesi; 35 persone in isolamento; 8 morti (anche se da Palazzo Balbi puntualizzano che sei decessi, avvenuti nel Vicentino, si sono verificati nell’arco degli ultimi 10 giorni e sono stati registrati ieri tutti in una volta). «Questi numeri non sono buoni, non sono un vanto» sbotta Zaia, che già lunedì, dopo aver visto le fotografie degli assembramenti sulle spiagge e nelle piazze, aveva richiamato tutti al buon senso, spalleggiato dai medici che ieri, su queste colonne, hanno parlato di «scene di ordinaria follia».
Il presidente insiste sulla linea libertaria, convinto che gli appelli alla lunga faranno breccia nella coscienza dei cittadini, e a chi gli fa presente che forse, come accadde col casco o la cintura di sicurezza, qualche multa salata aiuterebbe a convincere i più recalcitranti, replica mettendo le mani avanti: «Noi non abbiamo alcuna competenza in materia di sanzioni. Le multe sono previste dai Dpcm e dalle ordinanze per cui chi viola le regole sa bene a cosa va incontro e le forze dell’ordine sono chiamate a vigilare. Ma io voglio continuare a credere che sia possibile trovare un punto di equilibrio, senza arrivare alle multe. Non possiamo rivendicare libertà se poi non siamo in grado di rispettare poche e semplici regole».
La strategia, dunque, resta quella della paura, instillata in chi segue la conferenza stampa di mezzodì con pazienti prediche quotidiane dal vago sapore paternalistico: «Attenzione con lo sport nazionale della sfida all’autorità sulla mascherina, dell’atteggiamento da “io me ne frego degli assembramenti” perché se qua riparte il virus, riparte in maniera pesante avverte Zaia -. Pensiamo a cosa può accadere se ci parte un focolaio in una delle spiagge che ho visto nel fine settimana. Anche se indebolito, il virus resta terribile, c’è poco da scherzare. Ci troviamo in un limbo e intanto ascoltiamo con apprensione le notizie che arrivano dalla Cina, dove pare stia girando un nuovo virus influenzale partito da un pipistrello e che ora avrebbe infettato il maiale, che ben potrebbe essere un passaggio intermedio prima del salto nell’uomo». Quindi l’ennesimo avvertimento: «Che vi devo dire, se la situazione precipiterà, vorrà dire che faremo la conta fuori dagli ospedali».
Il nuovo piano di sanità pubblica, studiato dal Dipartimento di prevenzione per fermare l’annunciata ondata di ritorno autunnale, sarà presentato alla fine di luglio. Zaia chiede però a governo e Oms di verificare come viene gestita l’epidemia anche al di fuori dei confini italiani perché «qualcosa non torna. Prendiamo il Nordafrica: a vedere i report ufficiali, sembrerebbe che lì non ci sia alcun problema. Ma non è così e se parliamo con chi arriva da quei Paesi, come gli egiziani, il racconto è ben diverso. E dunque mi domando: i tamponi li fanno o no? C’è un monitoraggio dei contagi? Sapete che io ho sempre sostenuto la riapertura delle frontiere, a patto che ci sia uno standard minimo di controlli nei diversi Paesi, sennò non ne usciamo».
Questo sul fronte esterno, perché c’è pure quello interno da presidiare: «Vedo che continua a circolare questa ipotesi di togliere la sanità alle Regioni, di ri-centralizzare tutto, fortunatamente mi sembra la follia di pochi, non vedo molte sponde. Comunque sia chiaro: se mai dovesse passare, io convoco immediatamente un referendum e chiedo ai veneti se vogliono farsi curare dalla Regione o da Roma e vediamo come rispondono. Tutti i modelli organizzativi puntano ad accorciare le catene decisionali, per migliorare l’efficienza e la rapidità della risposta. L’abbiamo visto proprio con l’emergenza coronavirus: ci immaginiamo come sarebbe se a decidere sulla chiusura di Schiavonia dovesse essere il ministero?».
Capitolo scienza. Ieri, accanto al presidente della Regione, c’era Diego Ponzin, di
rettore sanitario della Banca degli Occhi (istituto da cui provengono la metà delle 6 mila cornee trapiantate ogni anno). Ponzin ha spiegato come le donazioni non si siano mai fermate durante il lockdown, nonostante i trapianti abbiano subito un forte rallentamento, passando da 100 a 5 alla settimana ed arrivando in alcuni giorni alla sospensione totale. Non solo, il dottore ha anche riferito che solo lo 0,6% dei donatori è risultato positivo al covid, «un dato confortante, che dimostra come il virus possa sì albergare in più organi, ma nella maggior parte dei casi lasci nei tessuti tracce di Rna bassissime, insufficienti per il contagio».
Nel frattempo, il professor Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia di Padova, ha pubblicato su Nature, la più prestigiosa rivista scientifica del mondo, l’annunciato studio basato sui primi due «giri di tamponi» sulla popolazione di Vo’, studio che ha rivelato che più del 40% delle infezioni da covid sono asintomatiche. È la scoperta all’origine del sistema di sorveglianza poi approntato dalla Regione, con i risultati positivi che sono noti ma anche la fonte della preoccupazione ribadita in più occasioni da Crisanti, che invita a non abbassare la guardia.