Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Bankitalia: più severa la crisi in Veneto
Su export e Pil cali più pesanti. E le industrie stimano un taglio dei ricavi del 25%
Gli effetti della crisi economica indotta dal Covid sarà in Veneto più dura che altrove in Italia, per i legami con i mercati internazionali, con le incertezze su manifattura e turismo. Lo dice Banca d’Italia.
VENEZIA L’impatto della crisi da Coronavirus sull’economia del Veneto? Ancora più pesante rispetto all’Italia e ad altre regioni. Per la riduzione del Pil ancora più severo rispetto al -9,2% atteso come dato nazionale 2020, ma anche per una ripresa, sul manifatturiero e il turismo, tutta da decifrare, legata com’è all’andamento dei mercati esteri. È la lettura data ieri dai ricercatori di Banca d’Italia nel presentare il Rapporto sull’economia del Veneto 2020, che in questa edizione, inevitabilmente si addentra sugli effetti del lockdown.
I numeri rilevati nel primo trimestre, dunque con solo marzo intaccato dal blocco delle attività, mostrano come il blocco abbia riguardato il 34% del valore aggiunto (si scende al 31% calcolando gli effetti del lavoro agile e di filiera) contro una media nazionale del 28%. La produzione industriale, secondo Unioncamere, è caduta del 7,6% rispetto alla prima frazione 2019 e le imprese industriali che i ricercatori hanno intervistato per tastare il polso delle aspettative, stimano intorno al 25% la contrazione del fatturato nel primo semestre rispetto a un anno prima.
A determinare la diversa incisività del fenomeno Covid19 fra Veneto e altre aree del Paese, sono due fattori caratteristici del Nordest: la vocazione alle esportazioni e il forte contributo del turismo. Nella prima frazione di quest’anno, secondo i dati Istat per regione, il fatturato estero della regione è sceso del 3,2% contro una media nazionale del -1,9%; e per il resto del 2020, secondo gli analisti, si dovrà tener conto di una stima della domanda dei principali partner commerciali del Veneto che si ridurrebbe di oltre il 10%, con un calo più marcato nell’area euro.
Rispetto al turismo, poi, per comprendere le maggiori ripercussioni nella nostra area è sufficiente tener presente che qui il comparto genera direttamente l’8,2% del Pil regionale, a fronte del 6% italiano. Tutto questo senza perder di vista la dipendenza anche qui dai clienti stranieri: i 71 milioni di presenze e i 20 di arrivi sono per due terzi da flussi dall’estero.
Tentando un parallelismo con quanto osservato dopo la crisi finanziaria del 2008, il capo divisione ricerca della sede di Venezia di Banca d’Italia, Vanni Mengotto, ha sottolineato come le aziende si siano trovate ad affrontare l’attuale crisi in condizioni di struttura finanziaria più equilibrata. «Ma la crisi – ha aggiunto - ha messo in discussione una ampia serie di ambiti e in alcuni di questi il recupero sarà più difficile. E vista la dipendenza dalla domanda estera, molto dipenderà da quel che avverrà sui mercati mondiali».
Fra gli effetti collegati, evidenzia ancora lo studio di
Bankitalia, dopo un calo dell’1,6% nel 2019 vi è una crescita del credito alle imprese dell’1,1% rilevata ad aprile e dovuta soprattutto alle scorte precauzionali decise delle imprese maggiori, a fronte di una caduta del 4,3% alle piccole. Ma sul conto va poi messa la ripresa del credito imposta dalla manovra di liquidità con le garanzie governative, con cui, al 26 giugno, sono stati concessi 60 mila finanziamenti (su 360 mila le imprese venete, se si esclude l’agricoltura) per 4 miliardi di euro di credito. Finanziamenti andati, dice Bankitalia, per un terzo a imprese individuali e professionisti e per il resto a società di persone ed srl. I finanziamenti vanno per i due terzi ai servizi; la metà fa riferimento a commercio e ristorazione; il 20% al manifatturiero e il 10% alle costruzioni. In generale, il rischio potenziale di liquidità, soprattutto nei servizi, riguarda il 20% delle aziende.
«Credo – è il punto di vista di Maria Cristina Piovesana, vicepresidente nazionale di Confindustria, intervenuta ieri pomeriggio al dibattito via webinar sul rapporto - che la crisi Covid, volendo e dovendo cercare una prospettiva positiva, ci possa presentare l’opportunità di un’Europa che, probabilmente, ha compreso la necessità di una reazione e di un’azione comune. Servirà sviluppare una chiara visione della direzione da far prendere al Paese attraverso un nuovo patto sociale tra le forze vive, attive e responsabili su pochi e largamente condivisi obiettivi comuni. Noi come industriali ci siamo».