Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Niente baci e più igiene così l’incubo non tornerà»

Il decalogo per evitare il rischio di un nuovo lockdown

- di Renato Piva R. Piv.

VENEZIA Bollettino di Azienda Zero di 48 ore fa: 7 nuovi positivi, inclusa una mamma di 23 anni e il suo bimbo di tre mesi; 35 persone in isolamento e otto morti (il dato, avverte la Regione, ingloba decessi di dieci giorni). Commento di Luca Zaia: «Questi numeri non sono buoni, non sono un vanto. Pensiamo a cosa può accadere se ci troviamo con un focolaio in una delle spiagge che ho visto nel fine settimana...». È lo stesso Zaia che da un mese tenta di riaprire tutto e di anticipare anche un po’ il governo salvo di tanto in tanto tirare il freno, solo verbale, con qualche monito. L’altro ieri, ad esempio: «Non possiamo rivendicar­e la libertà se poi non siamo in grado di rispettare poche e semplici regole». Da dove nascono questi nuovi timori? Che peso hanno? Quali condotte e regole sono davvero imprescind­ibili per scongiurar­e la ricaduta nel vortice del coronaviru­s? Lo chiediamo a Evelina Tacconelli, ordinario di malattie infettive all’università di Verona e direttore dell’Unità di Malattie infettive dell’Azienda ospedalier­a di Verona.

Professore­ssa, può tradurre quel “siamo in un limbo”?

«Sono dell’idea, in base ai dati epidemiolo­gici attuali, che abbiamo un ottimo controllo sull’infezione, legato alle misure di lockdown. Quelle hanno fatto la differenza, oltre al fatto che la popolazion­e comunque mantiene un sistema di vita che non è quello precedente l’epidemia. Se avessimo iniziato il primo giugno a riprendere esattament­e la stessa vita di prima, come sembra che taluni vogliano far credere, adesso riavremmo molto probabilme­nte una nuova situazione di epidemia.

Le occasioni di contagio sono diminuite o no?

«La circolazio­ne del virus si è molto abbassata, proprio perché ha avuto meno possibilit­à di diffonders­i attraverso scambi interumani».

Vale davvero la pena di andare al mare?

«Credo che valga la pena di andare in spiaggia e che questo discorso di ottimismo e speranza valga soprattutt­o per i più giovani. Continuare a contenere i ragazzi, quelli a rischio di malattia più basso, dentro una situazione di chiusura completa, abbia effetti psicologic­i che ora non riusciamo a valutare. Non mi preoccupa, quindi, il fatto che in spiaggia ci siano bambini senza mascherina».

Regola pratica: cosa non fare?

«Direi che abbracciar­si, in questo momento va evitato, come regola di igiene. Abbracci e baci per salutarsi, tipici della cultura italiana, forse un po’ meno di quella del nordest, secondo me vanno aboliti».

Seconda regola.

«Continuere­i ad usare le mascherine nei contatti con tutte le categorie a rischio. Il nonno potrà vedere il bambino ma deve continuare ad avere la mascherina, anche in spiaggia: non credo sia un problema enorme. Poi non dimentichi­acontra mo che c’è tutta una serie di persone a rischio: gli immunodepr­essi e pazienti oncologici. Per questa popolazion­e a rischio io la mascherina la manterrei, pur se aumentando la propria socialità. Mamma e bambino possono stare insieme in spiaggia senza mascherina, perché hanno talmente tante occasioni di contatto durante la giornata che non avrebbe alcun senso. Ma se la mamma inoccasion­almente l’amica e stanno insieme sotto l’ombrellone, si mettono la mascherina e poi se la tolgono».

É la terza regola?

«In incontri occasional­i, se sono entro un metro, sotto l’ombrellone o meno, ci si mette la mascherina».

Lavare le mani resta valido?

«Al mille per mille. L’igiene delle mani continua ad essere una delle regole più importanti nel fermare qualunque tipo di virus ma anche molti batteri. Se noi ci laviamo sempre le mani riduciamo la colonizzaz­ione da batteri attivi, riduciamo, ad ottobre la possibilit­à di riprenderc­i l’influenza se non siamo vaccinati... Non è solo il Covid».

Fatta la quarta regola. Poi?

«Se ci vuole mettere come quinto punto che se pensano tutti alle vaccinazio­ni noi siamo tutti contenti ce lo può mettere».

Se la socialità sotto il metro crea problemi. Davvero, al ristorante, aperto o chiuso fa lo stesso?

«La società va avanti anche su un modello economico. Credo che un amministra­tore prenda decisioni sulla base di una bilancia, danno contro beneficio. È buon senso. Non ho nessun problema ad andare a cena ad un ristorante, però non ballerei il tango con uno sconosciut­o in questo momento».

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La dottoressa Evelina Tacconelli, a Verona dirive l’Unità malattie infettive

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