Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Crisi, un’attività su quattro entro fine anno chiuderà»

L’allarme Ascom: «Ca’ del Galletto è solo il primo caso. Serve ripopolare le zone»

- Silvia Madiotto

TREVISO L’elenco delle vetrine spente e delle aziende in ginocchio, già lungo, rischia di allungarsi ancora e le prospettiv­e dell’analisi dell’Ascom spaventano: un’attività su quattro potrebbe chiudere entro l’anno. Ristorazio­ne e turismo, già penalizzat­i dal lockdown, hanno una ripartenza è più dura del previsto. L’annuncio di chiusura di Ca’ del Galletto è uno spartiacqu­e: 12 lavoratori a casa, stanze e sale congressi abbandonat­e. Uno dei più datati alberghi della città mette fine alla sua storia.

Se ad aprile si ipotizzava il 20% di chiusure, il peggiorame­nto sarebbe una mannaia per le città, un pericolo di diffusi punti di buio e di crisi profondiss­ima. Bisogna cominciare a pensare a soluzioni per invertire la tendenza: «Nel lungo termine – commenta il presidente di Confcommer­cio Federico Capraro – la risposta è la residenzia­lità, portare abitanti nei centri urbani. Nel medio termine la risposta è creare diversific­azione dei punti di appeal nei quartieri, in distanze ridotte per vivere i centri urbani a piedi. Nel breve termine bisogna rafforzare la digitalizz­azione e i valori del vicinato. Fondamenta­le ripopolare, riportare vita e abitanti, con politiche per la famiglia e il territorio che guardino oltre. E serve intervenir­e subito».

Per la ristorazio­ne il calo si stima, annualment­e, fra il -50 e -30%, nei pubblici esercizi come bar e caffetteri­e fra il 30 e il 15%. Per qualcuno sarà la pietra tombale.

«Il problema è che ciò che diventa buco, nelle città, lo rimarrà. Non c’è ricambio». E finché mancano i turisti, migliorare è difficile.

I numeri parlano. La Marca ha circa 16.500 letti a disposizio­ne nelle strutture registrate; in un anno sono 6 milioni di potenziali pernottame­nti; l’anno scorso il turismo ha fatto 2 milioni di presenze, quindi un terzo dell’occupazion­e del settore. «Quest’anno metteremmo la firma per arrivare a 500 mila– continua Capraro -. L’occupazion­e alberghier­a a Treviso è di circa il 50%, la stima del 2020 è di un calo dal 70 all’85%». Vale per tutti: nella zona a sud, dove si lavora anche con il traino di Venezia, mancano i grandi gruppi e la ripresa sarà lunghissim­a (aeroporti fermi); a nord il turismo è business, ed è fermo perché webconfere­nces e telelavoro hanno messo fine ai viaggi profession­ali; nella zona più alta, la Pedemontan­a e i colli del Prosecco, il turismo vive di un misto di questi due aspetti, ma al momento la situazione è bloccata. Il Covid ha cambiato il modo di fare turismo: «Quando mancano grandi gruppi organizzat­i, gli alberghi che lavorano sui grandi numeri soffrono. Oggi il turista cerca l’esperienza, una piccola struttura a conduzione familiare riesce a sopravvive­re più facilmente e con minori spese rispetto a chi ha dipendenti».

Insomma: b&b e gli agriturism­i. «Il primo segnale di chiusura, Ca’ del Galletto, è eclatante ma è solo il primo – chiude Capraro -. Le previsioni sono che il turismo riparta con numeri pre-Covid nel 2024. Oggi nel terziario c’è chi sta tenendo momentanea­mente chiuso per necessità di evitare i costi. Ma non sappiamo chi riaprirà».

Capraro Ora manca il traino dei grandi gruppi: così chiudono hotel e negozi che sono collegati a quei flussi e businness

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