Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tra storie e volti il Grand Tour dei rifugi
Storie, aneddoti e memoria, dal Nuvolau al Sella: un volume pubblicato da Il Mulino racconta le origini di questi baluardi delle Dolomiti. L’incontro tra Pertini e il Papa
Avederlo sembra davvero un nido d’aquila, appollaiato sul cocuzzolo del Nuvolau, a quota 2.574 metri. Il rifugio che porta il nome della vetta delle Dolomiti Bellunesi sembra separare i comprensori dell’Agordino, a Ovest, da quelli dell’Ampezzano, a Est. Ma il rifugio Nuvolau, quando venne inaugurato l’11 agosto 1883, non si chiamava così; il suo nome era Sachsendankhutte, ovvero «rifugio della gratitudine sassone», visto che era stato costruito grazie alla donazione del colonnello Richard von Meerheimb, di Dresda, a seguito della sua guarigione nell’Ampezzano. Ora, a distanza di 130 anni, è ancora pronto ad accogliere, con i suoi 24 posti letto, turisti, escursionisti e alpinisti, fungendo più da meta che da punto d’appoggio per ulteriori salite, lungo l’Alta via n. 1 delle Dolomiti. Primo costruito sulle Dolomiti, è facilmente accessibile arrivando sul versante Ampezzano attraverso un sentiero di 45 minuti dal rifugio Scoiattoli.
Storie di montagna che diventano lezioni di storia rincorrendo il fascino incontaminato dei rifugi ad alta quota. Storie raccontate nel volume Andare per rifugi, scritto a sei mani da Roberto Dini, Luca Gibello e Stefano Girodo, appena edito da Il Mulino (2020, 144 pagine, 12 euro). Un libro che è più di una guida e che si declina tra racconti e suggestioni, indicazioni e suggerimenti anche su come raggiungere e vivere questi baluardi delle montagne durante l’estate. Un itinerario per rifugi che porta nel vicino Trentino e in Alto Adige. Come il Sella Tuckett, non uno ma due rifugi a quota 2.271, distanti appena 20 metri, ai piedi del Castelletto inferiore di Vallesinella e della Vedretta di Brenta inferiore, nel cuore delle Dolomiti. I due rifugi in pietra dedicati a Quintino Sella, fondatore del Club Alpino Italiano, e all’inglese Francis Fox Tuckett oggi sono gestiti oggi in maniera unitaria e accolgono 120 persone. Raggiungibili in un’ora e mezza dalla Vallesinella o dalla funivia che da Madonna di Campiglio sale al passo del Grosté, costituiscono il punto di par
tenza per un’infinità di escursioni verso altri rifugi. Rimanendo in Trentino ma spostandosi a Ovest, arrivando al confine con la Lombardia, ecco il rifugio «Ai Caduti dell’Adamello», a 3040 m sul livello del mare, vicino al Passo della Lobbia Alta nel gruppo dell’Adamello, nel comune di Spiazzo, in Val Rendena. Punto di interesse militare durante la Grande Guerra, il rifugio ha assistito, nel luglio 1984, perfino allo storico incontro tra Giovanni Paolo II e Pertini. Il rifugio trentino di Vajolet e Preuss ha la capacità di togliere il fiato dalla sua posizione alla sommità di uno sperone che abbraccia la conca di Gardeccia, in Val di Fassa, nel cuore del gruppo del Catinaccio. Dal 1897 è uno dei più frequentati dell’intero arco alpino, anche per i facili accessi dalla Val di Fassa.
Il mondo dei rifugi di montagna, tra storia e tradizione, è capace di guardare anche al futuro. È un’opera di spettacolare architettura contemporanea il rifugio Vittorio Veneto al Sasso Nero, a 3.026 metri, ricostruito e aperto dal 2018. Un gioiello dell’ecosostenibilità dell’Alto Adige che, nel comune di Valle Aurina, Bolzano, si integra in un paesaggio mozzafiato che lancia lo sguardo tra le Alpi della valle di Ziller attraverso gli Alti Tauri e il gruppo del Rieserferner, fino alla Marmolada.