Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Ho ucciso mio padre per legittima difesa»
ARZIGNANO Il giorno prima a finire in pronto soccorso era stato lui, con segni da taglio sulle braccia. A brandire il coltello, il padre, quello che ucciderà nel corso di una lite, il giorno successivo. Chi è l’aggressore, chi la vittima? Potrebbe essere questo l’enigma da sciogliere nel delitto di Arzignano, quello che ha visto un uomo di 45 anni, Arvinder Singh, morire per mano del figlio Raoul, 18 anni, mercoledì. Ieri le prime parole del giovane dopo l’arresto, all’avvocato e al pm Serena Chimichi. Una versione che ribalta quanto emerso in un primo momento e che vedeva il giovane, prendere il coltello al culmine di un violento litigio, l’ennesimo. Secondo quanto raccontato da Raoul era il padre a brandire l’arma. Un’aggressione in piena regola quella che sarebbe avvenuta. Il diciottenne aveva trascorso la notte, assieme alla madre, in un albergo del paese dopo l’intervento dei servizi sociali. Raoul, infatti, era stato portato al pronto soccorso dell’ospedale Cazzavillan con ferite sulle braccia inferte da un’arma da taglio. Forse sette «sciabolate» e un trauma alla mascella. E potrebbe essere proprio quell’episodio a sostenere la tesi della difesa. A madre e figlio era stato consigliato di rimanere in albergo. Ma c’erano questioni urgenti da sbrigare. Al rientro, spiega il giovane, avrebbero trovato il padre con il coltello in mano. Il 45enne lo avrebbe colpito ma il figlio sarebbe riuscito a prendere il coltello e colpire il padre.